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All’inizio del '900 Aurelio ed Erminia, sposi giunti dalla
valle del Serchio, hanno un bar in un quartiere a rischio di New York, zona
di vagabondi, di immigrati che si litigano un posto per dormire
nei locali fatiscenti di una missione, mercé umana che attende un
lavoro occasionale, alla mercé di boss che controllano tutto. Vittima di
violenze e provocazioni, lui fugge con la famiglia prima a
Chicago, dove lavora al mattatoio, poi lavora in una fabbrica tessile
vicino a N.York. Sono anni di rivendicazioni di diritti, le idee
socialiste avanzano, gli scioperi si allargano a macchia d'olio, i
padroni guardano con disprezzo la massa umana che ha sollevato la
testa. La mancata padronanza della lingua accresce le difficoltà,
ma ogni relazione umana, ogni scoperta culturale e arricchimento spirituale
sono una conquista che rende tollerabili anche dolore e
fatiche. Indie occidentali, frutto di una meticolosa ricerca
storica, ambientale e socio culturale, che inserisce il dialetto degli
immigrati e l'inglese locale dentro un registro linguistico alto con
cui Giancarlo Micheli continua la sua crociata contro il decadimento
dell'Italiano, offre una occasione di riflessione sul passato, perché
guardiamo con occhi diversi la miseria e la emarginazione che sono
un problema ancora attuale.
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Recensione |
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