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A pungere sono le femmine

In questo suo ultimo romanzo Gabriele Astolfi racconta una vicenda ordinaria ma attuale: il dramma di un uomo incapace di amare la propria vita che rivive sotto forma di flash-back mentre giace a letto, vittima dell’indolenza e della depressione. Eppure è proprio attraverso la solitudine che riuscirà a far luce su un bisogno d’amore insoddisfatto e sulla sofferenza che ne deriva, sebbene “ricordare da soli faccia male all’anima”.

Costante nella produzione dello scrittore bolognese, il tema della malattia assume stavolta la forma di un’anaffettività – vero dramma dei tempi odierni – che induce il protagonista a rivolgersi a uno psichiatra che, guarda caso, è una donna.

L’universo femminile, di cui l’io narrante è prima confidente e poi amante, è il fulcro di questo diario tragicomico, costellato di avventure sentimentali vissute in prima persona o semplicemente raccontate con il distacco di chi considera le donne creature affascinanti ma volubili e, dunque, poco affidabili.

Per quanto la malinconia che pervade la storia sia stemperata dal ricorso all’ironia, il libro si risolve in una riflessione amara sull’esistenza con il consueto corollario di rimpianti e di occasioni perdute.

Assuefatto a relazioni basate sul sesso, il maschio “mammone” ma sensibile dipinto da Astolfi attende di essere punto per poter provare di nuovo la gioia di vivere e, attraverso il transfert, cambierà idea sulle donne da cui finalmente si lascerà conquistare.

Recensione
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