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Una riflessione (poco balneare...) sul mare.

Bollettino on-line del
Centro Lunigianese Studi Danteschi
n. 153 - luglio 2019, p. 18

Juan Ramón Jiménez, Mar

¡Sólo un punto!
Sí, mar, ¡quién fuera
cual tú, diverso cada istante,
coronado de cielos en su olvido;
mar fuerte -¡sin caídas!-,
mar sereno
-de frío corazón con alma eterna-,
¡mar obstinada imagen del presente!

Mare

Solo un punto!
Sì, mare, magari fossi
come te, diverso in ogni istante,
incoronato di cieli nel proprio oblio,
mare forte -senza cedimenti! -
mare sereno
-d’algido cuore con anima eterna-
mare, ostinata immagine del presente!

(traduzione di Angela Ambrosini)

Composto durante la traversata dell’Oceano Atlantico con rotta verso l’America, dove Juan Ramón Jiménez si sarebbe unito in matrimonio con l’amata Zenobia Camprubí, il Diario di un poeta appena sposato, 1917 (a sorpresa reintitolato nell’edizione del ‘48, Diario di poeta e mare), dal quale abbiamo estratto questa breve, emblematica lirica, registra un allegorico viaggio di “terra, mare e cielo” verso una nuova cifra poetica, definitivamente lontana da ricercate malinconie verleniane e dagli ornati sensoriali della giovanile visione simbolista. La creazione di questo libro sarà fondamentale non solo nella poetica di Jiménez (Premio Nobel della letteratura nel 1956), ma di tutta la poesia spagnola del Novecento, nella quale inoculerà il concetto di “poesia pura”, nucleo formale della futura Generazione del ’27. Il distillato processo di astrazione, sia tematica che stilistica, trova il suo simbolo nel mare, principio e fine dei pensieri del poeta, pura essenza e sintesi del creato (solo un punto), capace di suscitare persino l’invidia dell’autore per quella sua serenità e assenza di passioni (d’algido cuore-nel proprio oblio), per il suo insito principio d’eternità e permanenza: Jiménez ne desidera la forza e l’equilibrio (senza cedimenti), la capacità ininterrotta di cambiamenti pur nell’immutabile immagine di eterno ritorno (ostinata immagine del presente). È l’infinito nel frammento dell’attimo.

Il tema ideale dell’amore si trasforma, nel corso della raccolta poetica, nell’evocazione-invocazione di un mare immenso, confluendo in una visione concettuale del verso, privo di qualsiasi orpello ornamentale e completamente depurato da riferimenti autobiografici. Come puntualizza Rafael Alberti nella prefazione all’edizione italiana “di questo strano Diario d’amore”, si registra per la prima volta nella lirica spagnola l’innovativa scelta dell’alternanza di prosa e poesia, una poesia che non poteva che essere in versi sciolti, quasi, diremmo noi, a voler riprodurre il respiro libero del mare. Il termine che meglio riassume questo nuovo ideale di poesia è “semplicità”, ma non, si badi bene, nel senso regionalista di appartenenza al linguaggio popolare (Jiménez era andaluso), così caro alla vecchia stagione romantica come pure al neopopolarismo lorchiano o albertiano, bensì nel senso di un alfabeto sintetico, esatto, profondamente intellettuale, di pura essenza, a tratti venata d’ermetismo in virtù di quella stessa ristretta cerchia di lettori ai quali è destinata la poetica juanramoniana della maturità (alla minoranza, sempre). La preoccupazione estetica di Juan Ramón è d’ora innanzi orientata alla ricerca di un qualcosa che si cela “dietro l’orizzonte, verso ciò che non si vede” perseguito per mezzo della parola nuda. Come già detto, il suo mare è totalmente estraneo alla temperie di uno spleen compiaciuto ed estetizzante, è pura essenza, esperienza vitale completamente svincolata da ogni significazione sensuale e sessuale, non più in relazione con l’usurato motivo topico del tramonto, riflettendo piuttosto una volontà di abbandono e di fusione totalizzante che, ripetiamo, nulla ha più a che vedere con morbosità decadenti. Questa volontà di fusione è spesso correlata al paragone mare-parto, mare-vita autocreatrice, dal significato quasi divino associato alla concezione di un dio inmanente, con “d” minuscola, senza passioni né codici religiosi. Ancora una volta è la “purezza” l’ideale della poetica juanramoniana, riassunta nei suoi forse più famosi versi: intelligenza, dammi / il nome esatto delle cose!

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