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“Cento e una
lingua” in cinquecentoquaranta pagine dal 183 a.C. a oggi in Emilia Romagna non
sono poi tante nonostante il peso della ricerca che il professor Fabio Marri da
Modena ha saputo condensare in trent’anni di ricerca. Pensando alla storia e ai
trapassi di generazioni e di civiltà, andando a frugare in archivi e antiche
sacrestie, tempo volendo, scoperte e analisi sarebbero infinite. Ma non si può
pretendere più di tanto. Per naturali ragioni di tempo come si farebbe a leggere
e ad auscultare tante voci e suoni? Per scoprire e ritrovare radici e buon senso
o bon ton delle parlate che fanno della Lingua un'unica Regione come l’Emilia
Romagna bastano queste Storie di una patria possibile che l’autore
riunisce felicemente dando conto delle sue infinite Lingue di terra. Un
libro che per la sua mole e densità di notizie e considerazioni fa da monumento
culturale a questa Regione vasta e culturalmente ricca di storia, di passioni e
di parlate. Un’opera ambiziosa e senz’altro impegnativa, ma senza condimenti
retorici o di mera nostalgia paesana. Una ricerca filtrata e ben pensata, senza
cedimenti e che sa mettere a proprio agio la pazienza del lettore curioso e e
l’intransigenza dell’intellettuale con la puzza sotto il naso. Insomma questo
libro, questa ricerca pluridecennale, questo ciclopico pacchetto di parole è
unico e indispensabile per studiosi e poeti e indicarne peso netto e tara è
cognizione di valore: pagine 544, grammi 589, prezzo € 35,00, Vagliato in Studi
e documenti di storia della cultura italiana al Vaglio di Mario Saccenti ed
Elisabetta Graziosi, autore il professor Fabio Marri nelle stampe di Mucchi
Editore, pubblicato in Modena nel mese di Febbraio 2007. Il valore deriva poi
dal fatto che l’autore usa una lingua chiara, di grande comunicativa verbale,
senza noia e senza divagazioni cerebrali. Riporta didascalie da libri e
documenti antichi, semisconosciuti, ritrovati qua e là in archivi di tutti i
generi grazie alla certosina passione dell’archeologo linguista.
Ma c’era proprio
bisogno di una ennesima ricerca dedicata ai Dialetti? Non è bastata “L’Italia
delle Italie” dell’impareggiabile Tullio De Mauro? In Emilia Romagna, tra
poeti, studiosi, rimembranze e nostalgie popolari ormai non se ne può più.
Sembra impossibile rendersi conto che viviamo qui e ora. Sì, stanno bene le
radici, ma a forza di innaffiarle troppo potrebbero marcire in fretta. Fare
sempre più a gara per vagliare il dialetto anziché usarlo si rischia di essere
ripetitivi e assurdi. Il progresso ha fatto il suo cammino e il dialetto il suo
tempo.
Però, a pensarci
bene, non c’è contraddizione a considerare l’emiliano-romagnolo Lingua scomparsa
quando se ne sente ancora ben vivo l’odore e il calore. In fin dei conti questa
Lingua è stata “Il pane selvaggio” di un’intera civiltà millenaria come bene ha
dimostrato nei suoi universali studi il ben noto Piero Camporesi.
Una volta si
parlava dappertutto, da Gabicce a Piacenza, da Montecodruzzo alle Valli di
Comacchio e oltre i lidi ferraresi. Mille toni, diversi accenti ed era una
Lingua che univa genti e paesi. Oggi per capire il dialetto bisogna studiarlo e
verrebbe voglia di gridare: Alla faccia della globalizzazione! se non si sapesse
che proprio quella imposta dai celti, dagli etruschi, dai galli, dai barbari e
dai padroni è poi stata conservata dalla povera gente per millenni. Via
principale di comunicazione e ricchezza reciproca di identità. Teneva uniti
popoli e paesi anche durante le secolari guerre di potere o di religione.
L’Emilia Romagna è sempre stata una grande borgata di invasioni barbariche e di
gerghi. Oggi la si vorrebbe ridurre a fette proprio quando tutti invocano la
globalizzazione dei mondi. Fortuna che esiste ancora qualche paziente
professore, come Fabio Marri da Modena, il quale ha dedicato una vita allo
studio della lingua popolare, cioè il dialetto, fino a coniare proprio un
nutrito abicì geografico dell’intera Regione emilianoromagnola in un ampia e
suggestiva cronaca che ha chiamato “Lingue di terra, Storie di una patria
possibile” (pag. 544, Euro 35, Mucchi Editore, Modena 2007). Un libro da leggere
per capire noi stessi: da dove veniamo e chi siamo o come ci siamo ridotti!
Fabio Marri non si ferma solo sui documenti ma coglie il senso e il calore delle
storie di una patria possibile girando, vagabondando, frequentando luoghi e
personaggi
dell’intera
Regione. Così, risalendo da prima di Cristo al Medioevo, ‘passando attraverso le
grandi prove letterarie del Rinascimento e del Settecento estense’, l’autore
finisce per cogliere il significativo valore della ‘rigogliosa poesia dialettale
degli ultimi trent’anni’, dal mare al monte, dalla bassa pianura padana fino
all’ombra del Titano. Opera apprezzabile e unica perché è la prima volta che un
autore, pur attento ad esperienze altrui come quella per esempio dell’austriaco
Friedrrich Schürr vissuto in Romagna durante i primi decenni del ‘900, dedica
tempo e ricerca al dialetto di un’intera Regione. Il Marri parte addirittura
dalle “prime manifestazioni dei volgari italiani in documenti latini” arrivando
ai giorni nostri con documenti e interpretazioni originali, lontano da ogni
retorica paesana. Gli autori nominati sono tanti e assai autorevoli, studiati e
raccontati lungo una analisi linguistica vivace e attenta, senza pregiudizi. Non
potendoli ricordare tutti per le solite ragioni di spazio, ecco, da nord a sud,
alcune citazioni ben note al buon palato degli intenditori e degli amanti del
moderno dialetto emilianoromagnolo: Ferdinando Cogni, Massimo Bartoli, Marino
Piazza, Valente Faustini, Alfredo Zerbini, Antonio Fiacchi, Alfredo Testoni,
Giovanni Cavicchioli, Renzo Pezzani, Guido Cavani, Cesare Zavattini, e dalla
scuola di Fossoli di don Zeno Saltini ecco Ettore Baraldi (primo Premio Pascoli,
S. Mauro Pascoli 2007 con la raccolta Da per mè) ed Emilio Rentocchini
per arrivare in Romagna con Stecchetti (Olindo Guerrini), Aldo Spallicci, Mario
Bolognesi, Lino e Enzo Guerra, Nettore Neri, Giuliana Rocchi, Giuseppe
Valentini, Giustiniano Villa, Giovanni Montalti, Nino Pedretti, Raffaello
Baldini, Walter Galli, Giovanni Nadiani, Gianni Fucci, Tolmino Baldassari, Leo
Maltoni, Nevio Spadoni, Giuseppe Bellosi, Cino e Sante Pedrelli, Tonino Guerra,
e tanti altri.
Fabio
Marri è Professore ordinario di Linguistica Italiana alla facoltà di Scienze
della formazione dell’Università di Bologna, dopo aver insegnato all’Università
di Dresda e per qualche tempo anche alla sede di Forlì. Dal 1984 al 2003
segretario, poi presidente del Centro di Studi muratoriani di Modena, con
l’incarico precipuo di coordinare l’Edizione nazionale del Carteggio
muratoriano. Numerose e importanti le pubblicazioni di saggi e ricerche nelle
Edizioni Mucchi. Giornalista pubblicista dalle vivaci inclinazioni alla
polemica, è stato dal 1999 al 2006 direttore della più diffusa testata ondine di
podismo in Italia, Nel tempo libero, con la moglie scala montagne e corre
maratone, circa 200 in carriera, e ci tiene a dirlo, come ama fare anche con il
Dialetto.
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