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Il primo approccio con i versi de La notte per maschera non è stato dei più semplici. Mi sono trovato di fronte ad una realtà inaspettata: dura, forte, dolorosa ed anche ad una certa difficoltà di cogliere il senso profondo di quanto riportato. Ma dopo una rilettura di alcune poesie, soprattutto di quelle che mi erano sembrate particolarmente difficili, i versi di Fausta Genziana Le Piane mi sono apparsi sotto una luce ben più chiara e mi hanno emotivamente coinvolto. La realtà dura e dolorosa è intuibile fin dal titolo i cui due elementi (la notte e la maschera) sono l’asse portante di quasi tutte le poesie. La maschera serve per coprire ma anche per scoprire, per svelare la parte più intima e vera di ognuno e la notte ha la sua stessa funzione: il buio nasconde ma ci fa essere più sinceri, più autentici. Dunque, avverte la poetessa, guardate che sarò sincera e dirò cose che saranno un pugno nello stomaco ma che fanno parte della vita e la vita va accettata anche negli aspetti più cupi e tristi. Che questo sia il senso delle sue poesie, Fausta Genziana Le Piane lo svela al lettore fin dai titoli: “Giorni sepolti”, “L’ ultimo azzurro”, “Fossa comune”, “Il cuore di vetro”, “Tempesta di ghiaccio”, “Medusa di notte”, “La luna nera”, “Cuore in gola”, “Piovra”, “Incendi”, “L’ombra”, “Il cuore s’impicca di notte” per citarne solo alcuni. Nulla concede la poetessa al sentimentalismo, ad una visione edulcorata ed anzi scende nei meandri più bui e tormentati della realtà con coraggio e sincerità.
Lo stile è perfettamente funzionale al contenuto e dunque è asciutto, talora
lapidario con un’assenza quasi totale di figure retoriche e stilistiche per
puntare invece sul forte impatto delle immagini create che si impongono in modo
plastico e restano fortemente impresse nella mente del lettore.
Si tratta di una poesia breve, come del resto quasi tutte, in cui la poetessa,
oltre alle parti invariabili del discorso, usa solo 15 parole e con esse riesce
a creare delle immagini inaspettate, forti e di grande efficacia. Impossibile
dimenticare la luna che scende come un coperchio bianco e che viene trafitta
dalle pietre di Stonehenge trasformate in lance! Fausta Genziana Le Piane procede per lampi , per visioni che a me ricordano le “Illuminazioni” di Baudelaire come pure il mondo poetico di Rimbaud o di Dino Campana. Poesia emblematica, in cui l’autrice uccide il chiaro di luna ma non alla maniera con cui lo facevano, provocatoriamente, i Futuristi ma perché nella vita di ognuno i sogni sono spesso trafitti! Poesia dura, dolorosa quella di Fausta Genziana Le Piane però mai di rassegnazione nichilista dal momento che accanto al nero dominante c’è spesso il “color verde fortuna” (“Filari d’ulivo”), “il cerchio di sole /dell’uscita”(“Il pozzo”). Poesia di salda e direi serena accettazione della realtà che è formata di luci ed ombre in un’alternanza continua che accompagna la vita di tutti noi.
Questo senso dialettico del vivere è ben espresso, secondo il mio parere, dalla
frequenza dell’avverbio di tempo “poi” spesso presente fin dal primo verso: c’è
un “poi” perché c’è stato un “prima” e dunque la vita è un perenne continuum.
Si noti il “Poi” evidenziato ed isolato al primo verso ad indicare qualcosa che
era accaduto prima e che subito il lettore è portato a ricostruire dal suo punto
di vista.
Il senso della poesia è chiarissimo ma al di là del messaggio che l’autrice
vuole inviare è ancor più importante “come” tale messaggio ci perviene, vale a
dire attraverso “l’ombra furtiva del lupo”, e la luna che diventa ”rotonda per
ascoltare”. Roma Novembre 2008 |
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