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Desolation Angel
                Disiecta per Vista sull'Angelo di Massimo Scrignòli

Piccolo e minuzioso libello sul racconto in versi di Massimo Scrignoli, dedicato alla figura di un angelo insolito ed originalmente delineato: questo è Desolation Angel di Elisabetta Brizio.

L'autrice analizza l'opera in questione, strutturata in cinque "stazioni": Senza il ritorno, Il cedimento di Dio, Del Sublime, Del Tempo, La Casa. Così la trama è esplicitata: "una intermittente voce narrante si interroga, interroga l'angelo, si inoltra nell'invisibile, qui indugia e di qui arretra, si districa in un coacervo simbolico, traspone e distorce il contenuto correlativo del simbolo". La figura così delineata, eterna trasfigurazione, nella cultura teologica e comune, di una salvezza indubbia, subisce un'inedita metamorfosi. Chi è veramente? La vista è su di lui, per scovarne la vera essenza, per capire che si, ci conduce dolcemente verso la morte, ma con quali credenziali? Egli sembra come noi, tratteggiato nella sua caducità, umano e mortale più che etereo, incapace di colmare la distanza tra mondo e sovramondo.

Scrive Scrignòli: "Per uscire dal mondo dobbiamo / intuire, decifrare tradurre": un'operazione complessa, che non si può compiere individualmente senza un supporto, anche morale. Sarà, la figura che quotidianamente assurge per noi a silenziosa compagna di vita, in grado di far fronte a questo compito? Potrà coadiuvare anima, cuore ed intelletto, nella ricerca del profondo senso della vita? Perché questo sembra il fine dell'opera, quello di azzerare "l'algida distanza tra l'angelico e l'umano" e rendere tutto meno arioso, più autentico.

L'autrice, nel commentare egregiamente l'opera, cita autori storici quali, in primis, Jack Kerouac, da cui proviene il titolo del lavoro. Ma anche Paul Klee, Ranier Maria Rilke, Andrej Tarkovskij e Wim Wenders. Ed in riferimento al celebre cineasta, non poteva mancare l'accenno all'illustre Cielo sopra Berlino. Il tempo, spiega l'autrice, è in Scrignòli "polvere, dimenticanza, ostensione dell'assenza, specchio di ghiaccio. La polvere vorrebbe soffocare persino la biblioteca". Qui il fotogramma è quello degli angeli di Wenders, nella biblioteca berlinese, che ci guardano dall'alto...La parola, la scrittura, la memoria lasciano traccia di noi, nel mondo. Nasciamo soli, moriamo soli, e forse la verità non ci appartiene: la vita è 'indifferenza sovrana', 'illusione', e gli angeli, nella loro desolazione, vengono gettati al suo interno. Ma non tutto è perduto: il sogno è presente, e diventa ossimoricamente risveglio dalle tenebre dell'esistenza. Perché l'angelo, nel sonno, è in grado di comunicare con noi spiritualmente, sebbene "scisso dal mondo" ma "partecipe della poesia".

Riflessioni profonde ed interessanti, corredate dal bellissimo Angelo vagante di Giovanni Beato in copertina (tecnica mista, 2019). L'immagine, tratteggiata lievemente, esprime già l'inquietudine di una figura in solitudine, perennemente in attesa, ferma a guardarci.

Recensione
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