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Matteo Grimaldi,
talentuoso narratore venticinquenne, già poeta e delirante pensatore (gestisce
in internet un blog dal titolo La stanza del matto) è alla sua prima
esperienza di autore di raccolte.
Non farmi
male è infatti un intenso ed ardente collage
di sette racconti, che scivolano addosso al lettore alla stregua di una lava
infuocata che lascia, a pelle, dei segni indelebili. Non è plausibile, infatti,
restare impassibili di fronte alla maniera, tagliente e disincantata al tempo
stesso, con la quale vengono affrontati temi di dolori universali, alcuni dei
quali, passibilmente, votati all’autobiografia. In Cemento, il
racconto-incipit del libro, forse il più completo dal punto di vista stilistico
e contenutistico, l’ottica d’ingrandimento di una salda amicizia passa in esame
l’incubo droga con un’inquietudine ed un realismo davvero rari. E le parole
chiave carne/sangue, che si rincorrono prepotentemente lungo le righe
dell’intera opera, sembrano sancire un lancinante patto con la vergogna di
vivere a tratti in un mondo in cui si annega. Si annega nello strazio di
violenze subdole e sconvolgenti (La voce di V.; Non farmi male),
nell’inabilità alla sopportazione di drammi domestici (Grigioscuro; Domani
addio), passando attraverso piccoli, grandi desideri in lucente attesa di
completamento. E uno di questi, è proprio il dar pubblica voce alla smania
chiamata scrittura, pane quotidiano dell’autore, che così egli descrive: “E’
l’amore. Impossibile smettere di provare. E’ il pensiero costante, che occupa le
mie giornate piene di altro. E’ la voglia di non arrendermi. E’ la parola che
viaggia e pretende di essere scritta, l’una dopo l’altra. E’ un suono, che
rileggendolo emoziona. E’ un sogno fatto di carne e sangue”.
Inevitabile,
conoscendo anche le letture preferite dall’autore, non associare il suo stile
asciutto, raffinatamente paratattico e a tratti ellittico, infarcito di metafore
e similitudini, a quello di Niccolò Ammaniti, Stefano Benni e Andrea De Carlo
(al quale Grimaldi dedica anche una bellissima, iniziale citazione tratta dal
romanzo Due di due). Ma associazione non vuol dire comunque imitazione, e
seppur nel concludere la collana con una perla narrativa di macabro genere
fantasy (il racconto Veleno rosso sangue) all’apparenza di diverso colore
delle altre, ci sembra giusto elogiare l’originalità e l’evidente passione
letteraria con la quale lo scrittore mette nero su bianco, in modo esponenziale,
argomenti di non facile trattazione.
Un
plauso speciale alla copertina realizzata da Pino di Claudio, nella quale il
grigio di nuvole misto al grigio del mare incontra i berretti rossi di due
innocenti bambini, creando così un contrasto cromatico di notevole effetto.
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Recensione |
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