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Il teatro nell’Atene del V secolo

Le Dionisie rurali si celebravano nel mese di Poseidone, dicembre-gennaio. La peculiare caratteristica di queste feste è il carattere religioso dei concorsi attici che si svolgevano nel corso dell’anno in onore degli dei.

Il teatro ebbe un posto primario nella società dell’Atene del V secolo. Non era una attività marginale nella polis divisa in classi ma raggiunse una notevole rilevanza nella vita e nel pensiero della comunità. I festival teatrali, il festival e una manifestazione nel nostro tempo ben nota, avevano luogo in occasione delle feste bacchiche: le Lenee, le Grandi Dionisie e le Dionisie rurali. Nei distretti dell’Attica fuori della città, il periodo per i concorsi drammatici era a fine dicembre mentre in Atene le gare si svolgevano in occasione delle Lenee verso la fine di gennaio. Gli spettatori erano tutti ateniesi come testimonia Aristofane nella commedia gli Acarnesi : oggi siamo qui solo noi fior di farina. Le Grandi Dionisie, le più importanti di tutte, si celebravano nel mese di Elafebolione, marzo-aprile, non vi partecipavano soltanto gli ateniesi, era una festa panellenica e accorreva gente di lingua greca da ogni parte. Le Dionisie rurali si celebravano nel mese di Poseidone, dicembre-gennaio. La peculiare caratteristica di queste feste e il carattere religioso dei concorsi attici che si svolgevano nel corso dell’anno in onore degli dei. Atena, protettrice della città, la cui statua si ergeva nel Partenone sull’Acropoli, veniva festeggiata in estate e in tale occasione recitavano i poemi di Omero. La rappresentazione dei drammi in onore di Dioniso, chiamato pure Bacco, tempio e teatro del dio si trovavano ai piedi dell’Acropoli, si svolgeva in inverno e all’inizio della primavera.

Pisistrato diede l’avvio alla rappresentazione degli agoni tragici nel 533 a. C. istituendo le Grandi Dionisie mentre per le commedie molto tempo dopo nel 486 a.C. La messa in scena di un dramma richiedeva una spesa; i poeti che volevano concorrere si rivolgevano all’arconte eponimo che provvedeva a trovare un corego (chorodidascolos ) per le spese delle prove, per il mantenimento e il vestiario dei coreuti, delle comparse, dei flautisti e del maestro del coro. Dapprima erano i poeti a scegliere gli attori in seguito fu lo stato col corego ad assegnare l’attore protagonista, che pensava alla scelta del secondo e terzo attore e a distribuire le parti. Venivano accettati tre tragediografi e tre commediografi: i primi con una tetralogia ( tre tragedie e un dramma satiresco), i secondi con una singola commedia. Il coro tragico era formato dapprima di 12 persone con Eschilo poi divenne di 15 con Sofocle mentre il coro comico era formato da 24 coreuti. L’appaltatore ( theatrones ) si occupava della manutenzione dell’edificio teatrale e dei servizi annessi, del costo del biglietto, l’incarico di mantenere l’ordine era affidato a dei sorveglianti ( rabdouchoi ). Tutti i cittadini potevano assistere agli agoni poetici anche i poveri, lo stato provvedeva con un contributo (teorikon ) di due oboli per un giorno di spettacolo. Lo stato si assumeva l’onere della retribuzione (misthòs) degli attori e dei compensi agli autori. Prima della gara si procedeva alla scelta dei giudici (kritai) e per dare rappresentanza a tutti i cittadini delle dieci tribu ciascuna poneva in un’urna un elenco di persone, ne veniva estratta una per ogni tribù prima dell’agone.

I dieci estratti assistevano da posti privilegiati e su tavolette scrivevano la graduatoria. Da un ulteriore sorteggio l’arconte sceglieva cinque giudici e tenendo conto delle preferenze a maggioranza si determinavano i vincitori. Alla fine della gara vi era il verdetto con l’annuncio del poeta e del corego vittoriosi.

La città il primo giorno dell’evento era in festa, un corteo con accompagnamento di danze e di canti satirici percorreva le vie di Atene. Giovani donne recavano ceste piene di offerte, enormi falli erano portati in processione a simboleggiare il dono divino della fecondita, un toro e altri animali erano condotti per essere sacrificati. Quanti erano i cittadini che andavano a teatro? Senz’altro c’era una grande affluenza di spettatori. Platone nel Simposio afferma che Agatone avrebbe vinto il premio per la tragedia davanti a un pubblico di oltre trenta mila persone. Agli spettatori era assegnato il koilon, la cavea, che appoggiava a un pendio naturale, mentre i sedili della prima fila erano assegnati ai magistrati, ai benefattori della città e ai figli dei caduti in guerra, al centro era collocato il trono del sacerdote di Dioniso Eleuterio. L’arena, dove in origine si eseguivano la musica e le danze, si chiamava orchestra e al centro si innalzava l’altare del dio. Gli attori portavano la maschera che aveva la duplice funzione di interpretare diversi personaggi anche quelli femminili e quella acustica.

Come si comportava il pubblico durante la rappresentazione? Dal momento che partecipavano cittadini di ogni classe e di ogni censo, c’erano due tipi di spettatori teatrali: il colto e il volgare e quindi il comportamento era diverso. Alcuni esprimevano la loro approvazione applaudendo, altri la disapprovazione con fischi, grida, battendo i piedi contro i sedili. Aristotele afferma ( Mor.X, 5 ) che alcuni spettatori creavano disordini quando gli attori recitavano male e mangiavano rumorosamente i cibi. Si sono espressi pareri differenti sulla presenza delle donne e dei bambini. Aristofane nella Pace evidenzia che si distribuiva orzo a tutti gli spettatori tranne che alle donne. Nella Vita di Eschilo si ricorda che durante la rappresentazione delle Eumenidi l’aspetto delle Erinni causo l’aborto di donne e la morte di bambini. In breve da una attenta disamina, tenendo presente le testimonianze antiche, il teatro rappresento un evento letterario, religioso, sociale che attesta la vitalità della democrazia di Atene in un periodo di splendore in cui tutti i cittadini si sentivano parte essenziale della polis

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