La tenue vita
Ciò che
spinge Maria De Lorenzo a scrivere poesie è, come ci illustra lei stessa in “Più
forte del vivere”, “il desiderio di raccontare la vita”; concerne di un impulso
“più forte del vivere” che rischia di consumarla (“mentre sapevo / di esserne
divorata”) nonostante riconosca all’uomo una grandezza intrinseca: “Tu uomo come
osi / chiudere nel bicchiere / una lucciola palpitante / ...Schiacciare una
falena / quando gioca impazzita / .. Calpestare la terra / con fremiti di
lussuria..
Se narrare la
vita è il fine, è ancora l’autrice stessa a definire il mezzo, la poesia:
“Bella donna la poesia / trasalisce e resiste ad essere svelata / ma se rotto
l’indugio le labbra dischiude / è una promessa d’amore”. Ed il fine non deve
fare distinzione, deve parlare di tutti, dei fiori nobili come della parietaria
che cresce abbarbicata nelle crepe dei muri, tesi peraltro ribadita con poetica
maestà nel distico
Sono un
piccolo patrimonio
a
disposizione del nulla
Si tratta di
una coppia di versi che sprigiona una forza poetica esplosiva che potrebbe far
discorrere all’infinito e che dimostra, una volta ancora di più, della potenza
espressiva della poesia e di come la poesia abbia bisogno di poche parole per
interpretare la realtà, e quindi descrivere la vita. Ma l’autrice non è ingenua,
imperfezione di cui si accusa talvolta i poeti, ma è consapevole che la poesia è
un mezzo, e come tutti i metodi può essere imperfetto, e allora scrive “Poesia
svanisce / con tutto il suo bagaglio / di memorie / come l’impronta del gabbiano
/ sulla battigia / al sussulto dell’onda”.
Ma certo è
che vale tuttavia la pena di mettersi in balia dell’onda (“Viaggiai a lungo al
lume del sapere / ma da lontano una luce più forte / mi abbagliava”).
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