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Sempre originale Luca Duò. In primis, nell’escogitare
il titolo delle sue raccolte di narrativa. Questo Verso la meta, che
titola anche la seconda, più corposa parte, di cinque racconti, trova
significato nell’organicità contestuale del libro. Il senso è, o meglio sembra
essere, il percorso d’una lunga, progressiva fase preparatoria in vista del
nobilissimo obiettivo finale: dedicare, non solo idealmente, pure in concreto,
l’opera a due suoi amici scomparsi.
Se all’inizio del libro, prima ancora del colophon,
proprio per evidenziarne l’importanza, l’esergo «Nel quotidiano ricordo di
Leonardo Rubini e Irina Chinelli» ne indica un sensato indizio; l’ultimo
racconto, "La via dell’acqua", ne è la determinante prova. Il racconto, nella
poetica metafora d’un pesce luminescente, che suscita nell’autore l’idea
dell’anima della sua amica, gli suggerisce altresì la "traccia", «il senso che
mi spinge a cercare», afferma Duò, qualsiasi altro messaggio esistenziale, tale
da poter essere pensato come la "meta".
La precedente parte, "Prima della partenza", costruita sul peso di soli due
brevi racconti c’entra poco con la seconda. Appunto per tale motivo è
chiaramente delimitata, circoscritta a due particolari e diversi insegnamenti
morali.
Nel primo di questi due, "L’altra sponda del fiume",
si coglie un inedito Duò, direi. Un Duò aperto all’ecosistema e al senso del
civismo che ne consegue, a coscienziosa salvaguardia dell’ambiente che
quotidianamente lo circonda.
Mentre, la seconda ipotesi, "L’urlo dietro le
sbarre", mi fa ritornare in mente il suo "Negli occhi un riflesso", già edito
nel contesto di Corrente alternata (Este Edition, 2001). In entrambi le
fattispecie di scrittura si coglie il sentimento, in un immaginario solo
vagamente umano, dell’animale di turno. Là era il cane; qui invece è il gorilla
d’un circo. Sentimenti di repressione. D’una sottratta libertà. Forse d’invidia
nei confronti dell’uomo, che, tutto sommato, le sue mancate libertà, di cui può
recriminare, sono un nulla rispetto all’ordinario stato di "cattività" degli
animali: uno schiavismo bimillenario, di fatto non riconosciuto dalla
collettività umana!
Dei cinque racconti della seconda sezione, tolto il già citato “La via
dell’acqua”, gli altri quattro ("Flashback", "Un demone allo specchio", "La
locanda del Basilisco" e "Fabbrica di cenere") denotano la risaputa capacità
dello scrittore d’agire sulle ali d’una fantasia genuina, squisita, incorrotta,
sempre presentata nel modus d’una coerenza che dà sicurezza, appetibilità ed in
definitiva certezza di risultato, gradevole. Luca Duò si riconferma narratore
vero. Quel tipo d’autore che, cogliendo qualsiasi input, dall’umano al ferino,
dall’umano al disumano, dall’animato all’inanimato, sa coniugare le giuste
parole alle più eccitanti sensazioni, creando una letteratura frizzante, capace
di suscitare piacere, non rinunciando all’inserimento dell’ingrediente
misterico, onnipresente
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Recensione |
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