Il tempo diviso è l'ultima opera poetica di Laura Pierdicchi che si
presenta al panorama della cultura con una poesia robusta e penetrante che sa di
una meditazione di tipo filosofico-teologico, mentre sul piano dello stile i
testi sono di una rara fattura per stringatezza. La Pierdicchi sembra aver
tirato la corda del suo poderoso arco mentre attenta mira con la freccia della
sua sensibilità per fare centro sul bersaglio del cuore dell'uomo. E di sicuro
centro lo fa la nostra autrice perché presenta una poesia apparentemente morbida
e semplice nel dettato chiaro ed immadiato. Ma solo più in là ci si accorge che
la poesia di Laura Pierdicchi è una poesia nuova su molti aspetti che sa
nascondere ma anche rivelare con un magma giovane di ideare ed impiantare una
nuova poesia. Ella infatti ama fare e rinnovare giochi stilistici per un
risultato forte che tende ad allungare radici verso i "lidi di una rara oralità"
come avrebbe detto P.P. Pasolini. E' da sottolineare l'assenza totale di
punteggiatura, che non danneggia l'andatura del verso grazie alle virtù di una
sua naturale vena sonora e vibrante presente in tutte le poesie. Infatti i suoi
versi non hanno bisogno di segni e interpunzioni per guidare la lettura, anzi la
loro assenza non mina né compromette il testo anzi lo rende giocherellone,
brioso e al contempo futurista e futuribile.
E'
chiaro che ci troviamo innanzi una poesia impegnata e avvolgente, qualche volta
intrigata nei vespai della metafora, ma sempre una poesia ben musicale tanto da
poterne fare a meno, come dicevo prima, dell'accompagnamento della
punteggiatura.
Un lirismo fresco tutto fuori dall'enfasi dell'emozionalità e sentimentalismi
pur trovandosi a misurare con un lirismo che saltella tra l'io intimo e l'io
universale. I temi che affronta appartengono a tutti, come il tempo, l'immediato
effimero, il mistero del dopo. Temi con cui si scontra e si misura con una sua
commossa partecipazione di poeta come: chi siamo dove andiamo? "La finitudine ci
marchia – | è il peso astrale che dalla nascita | ci fissa al suolo della terra
|| ma restiamo lo stesso sospesi | nell'incertezza quotidiana || la porta un
giorno si aprirà | denuderà l'ignoto – e sapremo | ciò che ha gravato il passo |
per il tempo a noi concesso." (p. 55) Ricordano lontanamente i temi sulla morte
di San Paolo (dalla Prima lettera ai Corinzi nel cap. 15) ove il grande
teologo del Dio Vivente istruisce l'umanità al dopo "non tutti moriremo ma
saremo trasformati: in un istante, in un batter d'aocchio" ma questo lo sapremo
quando? Forse negli ultimi tempi quando non ci è più permesso rivelare verità
spirituali patti col Divino, mentre gli avi e gli amici che ci hanno preceduto
vengono a chiamarci e per mano ci condurrano per vie sfolgoranti di stupenda
luce. "Gli eventi camminano sul filo | che ci congiunge al cielo | e solo
nell'accade si svelano | in concretezza || Nell'invisibile gabbia | della
sconfinata ragnatela | ignari crediamo di scegliere || pensiamo di essere liberi
| nel groviglio di azioni e pensieri | e andiamo | padroni dell'inganno" (p.
49). Chi può fermare il tempo, le malattie? Chi conosce le cose che ci attendono
dopo? "Difficile arrendersi al tempo | che scava spazio per cellule morte |
quando il respiro cerca ancora rugiada – | il battito ha il suono di una
grancassa" (p. 53)
Non c'era titolo più bello e significativo come Il tempo diviso per
affrontare la nostra condizione di viandanti in questa esistenza di parvenze e
di superficialità.
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