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Chi sono i “navigatori a vista” di Tommaso Putignano?
Tommaso Putignano, come ben scrive Donato di Stasi nella prefazione al libro, “prende un tronco, lo scava, lo mette in mare e naviga, dopo aver vinto la sfida mentale a misurarsi con l’abisso”. L’autore cioè gareggia con la propria capacità esistenziale di affrontare anche gli aspetti più crudi della vita, esacerbandoli nell’ironia e nella pacatezza di una scrittura che predilige il paradosso per raccontarsi. “Sto affogando | Cerco di aggrapparmi | E la terra è improvvisamente dura | Mi sollevo | E sopravvivo”: la poetica di Tommaso Putignano è ben espressa nell’asprezza semplice di questo verso, nell’immagine simbolica di un equilibrio perso e riacquistato nel medesimo attimo di coscienza. L’autore non baratta il vero con la fantasia, non ne ha bisogno. Si confronta apertamente con i propri demoni e li interroga addirittura, sciogliendo trame di vita con la stessa complicità per vittima e carnefice. Proprio in questa lirica “senza cavalleria”, che non ha bisogno di compiacere il lettore né la critica ma bensì deve rispondere a una urgenza di scrittura ben più profonda, si caratterizza la peculiarità più originale di Tommaso Putignano. La cadenza, il ritmo dei suoi “movimenti” sollecita il lettore a penetrare più profondamente dentro le innumerevoli visioni trasmesse dall’autore, individuando al di là di esse una ipotesi ancora concreta di un più consapevole vissuto. Come esorta lo stesso autore: “Vedere | Toccare | E Vivere | Per il germoglio che muore | Il germoglio che vive”. |
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