Servizi
Contatti

Eventi


C'è qualcosa nel dolore degli altri

Il tempo ritmico dell'esistenza

Una lettura interessante, intimamente coinvolgente quella della plaquette C’è qualcosa nel dolore degli altri (Libraria Padovana Editrice, collana Donne in poesia diretta da Elisa Davoglio) di Maria Leonardi. “C’è qualcosa nel dolore degli altri | che strappa | un ciuffo d’erba via | dal mio giardino”, incipit significativo della piccola raccolta da cui l’autrice ha estrapolato il titolo: compassionevole visione di un dolore altrui che diventa sofferenza intima per chi ha il dono della sensibilità e della compartecipazione emotiva con l’Altro da sé. Ne deriva una violenta cesura, una fitta lacerante: un ciuffo d’erba strappato via dal giardino, sinergica metafora naturalistica dell’anima e del dolore pungente che sottrae ma al tempo stesso restituisce una ragione d’essere che trova la sua più alta espressione nella parola poetica. Maria Leonardi è scrittrice, filosofa e donna: i suoi versi attingono continuamente ad un humus che fa della femminilità (vista in tutte le sue sfaccettature, ne percepiamo l’indole di amante, madre e amica) e della quotidianità nel sociale un continuum scandito dal Tempo ritmico e interno delle parole.

Questa plaquette è densa di Tempo, di distanze temporali ed emotive, di fermi immagini, di foto scattate nell’attimo per rendere eterno lo scorrere imperdonabile della Vita che morde la fuga. Così tutto si muove e scorre su una partitura che scandisce la quotidianità, passando dall’ordine di gesti automatici, fin troppo assurdi nella loro evidente necessità (“ho già rimparato a far la spesa | ma quando torno a casa e metto a posto | le cose dai sacchetti | non è più mio quell’ordine | eseguo solamente | di quella partitura ho perso il tempo”) al disordine e al caos emotivo che ciò potrebbe comportare in sottrazione. Il tempo ritmico subisce sfasature nel per sempre di una eternità quotidiana che è ovvio sinonimo di morte, annullamento e negazione del fluire e del cambiamento, vera essenza di una vita che vorrebbe affermare il divenire e l’eternità del passaggio (“il passare è infinito”).

Così arriva l’allegoria del pescatore: come lui possiamo imparare ad osservare l’oscillazione delle onde che rendono l’asciutto e il bagnato alla terra, l’apparire e lo scomparire in attesa di un evento (“il battito della coda di un pesce”) che possa stupirci e donarci l’opportunità di arrivare al tempo propizio del volo (“quando l’aquila compie il suo volo”) ossia a quell’indipendenza vitale e fenomenologica che fa della nostra esistenza un coagulo autentico e solidale di parole poetiche attraverso le quali, finalmente, “il tempo resta fermo a bocca aperta”.

Recensione
Literary © 1997-2024 - Issn 1971-9175 - Libraria Padovana Editrice - P.I. IT02493400283 - Privacy - Cookie - Gerenza