| |
Come sono messe le lampade
La
dignità di essere donna nel percorso salvifico della compassione
Come
sono messe le lampade
(Libraria Padovana Editrice, collana Donne in poesia diretta da Elisa
Davoglio) è la plaquette di Marta Biuso. Un titolo significativo che esprime la
visione e la filosofia di vita dell’autrice: è il dettaglio che conta, quel
particolare che, non visto, può illuminare la luce interna dell’anima, quella
che sorprende e vivifica la linea retta dell’esistenza: “Se scoprire il
dettaglio | ti dà Vita o tormento | questa sarà la direzione da guardare”. Non
importa se ne deriva vita o tormento, il dettaglio scoperto è la direzione
inviolabile da considerare nel giusto obiettivo di vedere la luce delle lampade
nel modo in cui queste ultime sono disposte. Dal particolare si giunge
alla visione d’insieme delle cose, da “come sono messe le lampade”, si può
giungere a comprendere l’essenza e la forma autentica dell’oggetto. Tasselli di
vita da analizzare allo scopo di capire e comprendere l’autenticità del sentire.
Analisi esistenziale di vita quotidiana in uno stile che fa della prosaicità
poesia che detta i sentimenti.
Le poesie di Marta Biuso attingono al quotidiano
e lo descrivono con un linguaggio ed uno stile semplice, ma efficace sul piano
emotivo ed introspettivo. La particolarità di questi versi sta proprio nel fatto
che vengono resi dall’autrice nella forma di sillogismi poetici attraverso
l’uso ordinato e preciso di enjambements. Poesie che diventano piccoli e brevi
monologhi allo specchio in una maturità affettiva che tenta di distinguere lo
stereotipo linguistico dalla parola scelta per convinzione esistenziale.
Il fine è la soddisfazione interiore, la felicità e la pacatezza che in dieci
anni trascorsi e analizzati alla luce di scelte da seguire e per cui consolarsi,
approdano ad una saggezza di vita che si arrende all’idea dell’evidenza: “Che
fare di questi dieci anni | venderli all’asta che c’è sempre un feticista che ti
compra | almeno il primo anno basta sia incellophanato incensurato | completo della
parola purtroppo che tra dieci anni | varrà una fortuna”. È solo il tempo che
decide e stabilisce il tesoro accumulato in pensieri e parole degne di essere
vendute, non per ricevere falsi idoli in cambio, denari da rivendere e utili ad
acquistare materia informe, ma per verificare empiricamente che tutto abbia un
senso: “come chiedere al mio corpo se è contento”. Marta Biuso scende
nella coscienza, analizza i propri atteggiamenti, vede il mondo, le persone,
cambiare e fluttuare sulla scia delle soggettività, sui sentimenti di un amore
mancante o presente nella sua inverosimile assenza che fa della conseguente
sofferenza un aggancio all’epidermide del sentire. Nessuna anestesia, ma visione
pacata, perentoria e lapidaria, stillata in sintagmi e sentenze di notevole
efficacia poetica: “Tu mi manchi. Non sei una persona sei un mostro. | Sei un
mostro e sei divino | e non sei sulla panchina con me in silenzio al sole”.
L’analisi del rapporto amoroso s’insinua in ogni verso, la Biuso cerca una
spiegazione al divenire delle complementarità negative o positive che siano; non
si lascia ammorbidire dalle superficialità che potrebbero risollevare l’umore.
Bisogna essere chiari e persino duri se attraverso l’obiettività delle parole si
vuole giungere ad una semplice verità che trova nella compassione il più alto
grado di conoscenza e di libertà per poter affermare la dignità di essere donna
nella femminile e autentica accettazione di sé stessi: “La compassione è
bianca | è terra e legno che scrive sulla neve | parole nuove sorgono dal mio
ripiegamento | nessuno è salvo, io sono libera”.
| |
|
Recensione |
|