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Che male c’è?

Dopo il serrato “Merce di scambio”, incentrato sul personaggio di Alice Caturano alle prese con un caso di sequestri di minori, Ugo Mazzotta ripropone lo schivo Andrea Prisco, in trasferta in Sardegna.

Che male c’è? è ambientato a Cagliari, dove Prisco è stato mandato per aver denunciato un agente del suo Commissariato colpevole di aver massacrato uno studente a Genova.

E di ritorsioni il protagonista continua a subirne anche in questa storia che lo vede indagare sull’omicidio di un commerciante, specializzato nella vendita di auto usate come Big Jim Rennie nella saga “The Dome”.

A parte qualche piacevole distrazione (l’avvenente e sfortunata Rosalba), il Commissario è costretto ad occuparsi di quegli aspetti burocratici che lui, nemico del lavoro d’ufficio, vorrebbe delegare ad altri. L’indagine in corso, accanto all’energico magistrato Silvia Congiu e all’Ispettore Carta, lo introdurrà in un mondo borghese corrotto e salottiero, di cui sono i giovani, disposti a vendersi per il possesso di un costoso cellulare o di qualche ricarica, a farne le spese. Sono loro le vittime designate di una crisi che investe la famiglia tradizionale, modello inadeguato per le nuove generazioni come mostra il beffardo epilogo.

La totale mancanza di scrupoli – e di vergogna, per usare le parole del Tatuato – caratterizza i comportamenti degli indiziati, così amorali da risultare indifendibili. Una galleria di figure grottesche popola un romanzo allusivo sin dal titolo, in cui Mazzotta denuncia, come è consuetudine, i mali dei nostri tempi, ampliati dai media, assurti ormai da strumenti di comunicazione ad oggetti del desiderio.

Recensione
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