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Linee spezzate nella tempesta

Di una lunghezza inusuale, l’originale romanzo di Pippo Di Marca è un vero e proprio contenitore di storie, sorretto da una prosa vivace dal ritmo sincopato che procede senza soste.

Ed è la scrittura il pregio di questo libro intrigante che corre il rischio di spiazzare il lettore, disorientato dalla struttura complessa del testo in cui confluiscono due storie, differenti per la collocazione spaziotemporale (Catania negli anni Sessanta e Roma dal 1975 alla fine degli anni Ottanta) e per le tecniche narrative adottate (l’utilizzo della terza e della prima persona).

Omogenea è, invece, la lingua, ricca di inserti dialettali e di una volgarità non pretestuosa, ma che ben si addice all’universo marginale ritratto con incisività dallo scrittore siciliano.

L’Autore, che ha alle spalle una solida esperienza teatrale – nel testo sono evidenti i richiami a Carmelo Bene e a Shakespeare –, privilegia la costruzione dei personaggi all’intreccio, dando vita a una galleria di tipi umani dai nomignoli quanto mai azzeccati.

L’orrendo Tizzone, Mattia Vinciguerra noto come lo Sfondato, il nano Biancaneve, il seguace di Hitler “Fiureru Varveri”, il Califfo con il suo lacchè Divanu stortu e altre maschere grottesche incarnano un mondo subalterno vitale e disperato, che non ha smesso di sognare e persino di credere nell’amicizia.

La citazione:

“Disse, o meglio ripeté, Sfondato di averne viste troppe – a me che già conoscevo o credevo di conoscere buona parte della sua vita…”.

Recensione
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