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La Padova del sindaco Cesare Crescente (1947-1970)

Il 24 marzo 1946 si svolsero in Italia le prime elezioni amministrative (comunali e provinciali) dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La Democrazia cristiana, il partito dell'avvocato Cesarino Crescente, raggiunse nel comune di Padova la percentuale del 42,2 per cento dei votanti.

In seguito alle dimissioni dell'avvocato Gastone Costa, socialista originario di Loreo, il consiglio comunale il 26 aprile 1947 elesse l'avvocato Crescente, nato nella frazione di Voltabarozzo il 31 dicembre 1886. Aveva 61 anni. Rimase in carica per 23 anni, fino al 1970.

Sindaco della Ricostruzione e sindaco della prima Giunta di centro-sinistra. Crescente non è certo un trasformista. Crede fermamente alla autonomia del ruolo dei sindaci, distinta dagli equilibri politici e parlamentari nazionali. Quanto alla finanza comunale, pratica, con fermezza, il pareggio di bilancio.

Dopo le biografie che Massimo Toffanin ha dedicato al deputato Sebastiano Schiavon, cognato di Crescente, (Sebastiano Schiavon Lo “strapazzasiori”, 2005) e a Crescente (Come nasce un sindaco, 2016) e la ricostruzione di Liliana Billanovich dell'azione del vescovo Luigi Pellizzo (Luigi Pellizzo vescovo a Padova 1907-1923, 2016), Jori e Giaretta hanno concentrato la loro ricerca su Crescente sindaco a Padova. Un titolo, meno estensivo, ma più adeguato al contenuto del loro libro sarebbe stato appunto Crescente sindaco a Padova.

Negli anni in cui Crescente fu sindaco, la diocesi dal giugno 1949 fino al gennaio 1982 ebbe come vescovo Girolamo Bortignon.

Nel novembre 1949 fu eletto rettore dell'Università Guido Ferro già preside della Facoltà di ingegneria, consigliere comunale a Este dal 1946 fino al 1951. Rettore per 18 anni diede le dimissioni con due anni di anticipo sulla scadenza del mandato nel 1968.

Luigi Gui fu ministro della Pubblica istruzione dal 1962 fino al 1968.

In consiglio comunale nelle elezioni del 1956 fu eletto il socialista Francesco Feltrin, il più qualificato e combattivo oppositore della politica urbanistica di Crescente. Nel 1964 il maestro Feltrin ha fatto parte della giunta assumendo l'assessorato all'urbanistica. Feltrin ha ricostruito in varie pubblicazioni la storia degli interventi di Luigi Piccinato a Padova e dei suoi rapporti con l'urbanista.

Paolo Giaretta, l'autore principale del libro, che ricostruisce le fasi dell'azione di Crescente, è stato sindaco a Padova durante anni non particolarmente facili, documenta come i protagonisti della vita politica e amministrativa padovana dei decenni della Prima Repubblica non erano certo degli improvvisatori o dei dilettanti allo sbaraglio.

Crescente durante i suoi venti tre anni da sindaco, fu rispettato da tutti per la costanza del suo impegno, per la estrema sobrietà del suo stile di vita, per la sua cortesia. Non tutti i suoi amici di partito condivisero in alcuni particolari momenti le sue decisioni.

Al momento della sua elezione a sindaco di Padova Crescente ha 61 anni.

Nel 1924 dal momento in cui il fascismo lo aveva costretto a rinunciare all'attività politica, si era dedicato esclusivamente, con successo, alla professione. Crescente aveva già alle sue spalle una notevole esperienza di organizzatore politico-culturale a livello regionale e di amministratore locale, comunale e provinciale.

Quella di Padova, con l'arrivo del vescovo Luigi Pellizzo, era diventata una delle diocesi italiane all'avanguardia nel rinnovamento radicale del ruolo dei cattolici nella vita sociale e politica. Ma Restituto Cecconelli, il sacerdote al quale era andata la completa fiducia del vescovo, che aveva animato il movimento sindacale e sociale nella diocesi era morto nel maggio 1916.

Nel gennaio 1922 era deceduto l'onorevole Sebastiano Schiavon, uno dei fondatori del Partito popolare italiano, cognato di Crescente. Più grande di lui, lo aveva introdotto nel nuovo movimento sindacale. Per Schiavon la qualifica (di origine giornalistica e di matrice socialista) di semplice “strapazzasiori” mi pare molto riduttiva. Troppo riduttiva. Il deputato padovano è stato uno dei fondatori del Partito popolare.

Schiavon è stato molto di più che un sindacalista energico, come documenta in modo dettagliato l'ottima biografia di Massimo Toffanin, studioso non accademico.

Nel marzo 1923 il papa Pio XI, molto saggiamente, ordinò al vescovo Pellizzo di dare le dimissioni trattenendolo a Roma, aggregandolo al Capitolo della Basilica vaticana e attribuendogli l'incarico di segretario-economo della Fabbrica di San Pietro. Anche a Roma Pellizzo dimostrò le sue notevoli capacità.

La corrente rinnovatrice del cattolicesimo padovano nella primavera del 1923, in parte per circostanze casuali (la morte di don Cecconelli e dell'onorevole Schiavon) ma sopratutto per la rimozione forzata del vescovo friulano originario di Faedis era praticamente decapitata. Crescente aveva potuto assistere all'ascesa e alla eclissi non solo di alcuni autorevoli dirigenti sindacali e politici padovani ma anche a quella, drammatica, di uno straordinario vescovo.

Aveva certo misurato le sue forze e individuato la sua vocazione di amministratore locale.

E' abbastanza facile intravvedere che Crescente nell'ambito del movimento cattolico e del Partito popolare padovano ha delle posizioni che sono diverse da quelle di suo cognato. Proviene da una famiglia di commercianti più agiata di quella di Schiavon. E' un avvocato mentre suo cognato è un professore di lettere.

Ha un suo profilo politico.

Nel 1919 viene nominato membro del collegio sindacale del Credito veneto, una banca di cui era vicepresidente il conte Leopoldo Ferri, grande proprietario terriero, uno dei protagonisti della vita sociale e politica padovana.

Il Credito Veneto non ebbe una storia particolarmente gloriosa. Non a caso il conte Ferri fu espulso dal gruppo parlamentare del Partito popolare nel luglio 1923 per aver votato facilitando l'approvazione della legge Acerbo.

Sicuramente Schiavon non sarebbe mai stato cooptato in un organismo di una banca come quella del Credito veneto.

Alle elezioni politiche del maggio 1921 Schiavon fu escluso dalla lista dei candidati del Partito popolare. E Crescente, al quale fu proposto dalla destra del partito, di sostituire il cognato, rifiutò. É un episodio nel quale Cesare, non più Cesarino, manifesta già tutto il suo stile.

Alla ripresa della vita democratica, Crescente che ormai era diventato un avvocato di successo e di prestigio e un possidente viene subito indicato dalla Democrazia cristiana come un amministratore locale esperto e capace sia a Ponte San Nicolò che a Padova.

Il sindaco della Ricostruzione affronta una situazione difficile. Ancora nell'inverno del 1950 ci sono dei senzacasa che si rifugiano nelle camatte e nelle gallerie della cortina muraria cinquecentesca o fra i ruderi di edifici bombardati e non ancora ricostruiti. L'ultimo di questi sfortunati senzacasa si era costruito un rifugio sopra il Bastione Savonarola e ricordo di averlo visto negli anni Sessanta del Novecento poco prima della demolizione. Crescente nel novembre 1950 crea il Consorzio per la costruzione delle case minime. In Europa l'Italia, ancora oggi, non ha un ruolo di avanguardia nell'edilizia popolare, nell'edilizia pubblica.

Le case minime furono veramente minime...... e lo denunciò in consiglio comunale anche il consigliere democristiano Celino Bertinelli.

Inoltre il rapporto che il sindaco stabilisce fra l'offerta “spontanea” degli impresari edili più o meno abusivi e la costruzione delle case minime per i senza casa mostra tutti i limiti della sua concezione delle relazioni sociali.

Crescente non è il sindaco Giorgio La Pira.

Fra gli assessori della Democrazia cristiana vi è Lanfranco Zancan che nel dicembre 1951, quando il consigliere del P.c.i. Emilio Rosini critica il contributo concesso per la costruzione della Chiesa di Terranegra, voluta dal parroco don Giovanni Fortin, in memoria dei morti nei campi di concentramento nazisti, gli risponde che certo non ha partecipato alla Resistenza di cui si dimostra incapace di capire “il valore superiore”.

Il consigliere Zancan per quello che ha fatto e per quello che è durante la lotta contro i fascisti della Repubblica sociale italiana ha tutte “le carte in regola”.

Una delle eredità negative lasciate dal fascismo, prima in versione monarchica e poi repubblichina, era quella del nuovo piano regolatore e della costruzione del Policlinico universitario.

Il maggiore urbanista italiano era il padovano Luigi Piccinato. Piccinato e Libero Marzetto, erano figli di due sindacalisti socialisti del periodo prefascista. Marzetto presentò l'urbanista a Zancan e il 19 giugno 1952 il consiglio comunale approvò la nomina di Piccinato a unanimità.

Negli anni e nei mesi precedenti all'affidamento dell'incarico per il Piano regolatore a Piccinato l'ubicazione del Policlinico universitario era stata affrontata e discussa dal rettore Anti, dalle autorità fasciste cittadine, dal Consiglio dei clinici docenti della Facoltà di medicina e dallo stesso Piccinato.

Le valutazioni emerse erano state diverse e aspramente contrastanti.

Già dal marzo 1951 i parlamentari padovani di tutti i partiti, compresi il comunista Concetto Marchesi e il socialista Roberto Cessi, sostenevano la legge che prevedeva uno stanziamento statale per la costruzione del Policlinico universitario.

Nel maggio 1952 il soprintendente Franco Forlati aveva diffidato il Presidente dell'ospedale civile Celeste Pecchini a progettare l'ampliamento dell'ospedale invadendo la zona delle mura cinquecentesche e il giardino Treves ricordando la legislazione di tutela e l'esistenza di valori paesaggistici quali la visione delle cupole del Santo.

La nomina di Piccinato era destinata a sconvolgere il vecchio progetto universitario di costruzione del Policlinico universitario distruggendo un tratto della cerchia muraria cinquecentesca e del bastione Girolamo Cornaro (opera di Michele Sanmicheli), tombinando tratti del canale Alicorno dei Gesuiti.

Il Consiglio di amministrazione del Consorzio per la sistemazione edilizia ribadisce il 18 settembre e il 21 novembre 1952 (ma anche il 29 gennaio 1953) la decisione di costruire il Policlinico universitario nello spazio urbano da Porta Pontecorvo fino al Bastione G. Cornaro.

Il 6 dicembre 1952 Piccinato rivolge al sindaco Crescente, e soltanto al sindaco, la “Nota sul problema delle cliniche universitarie” nella quale sostiene la tesi della necessità decentramento del Policlinico universitario e della sua fattibilità in tempi brevi.

Alla riunione del Consiglio di amministrazione del Consorzio per la sistemazione edilizia dell'Università del 20 febbraio 1953, presieduta da Guido Ferro, sono presenti il sindaco Crescente, il presidente della Provincia Marcozzi, il presidente della Cassa di risparmio De' Besi, il presidente dell'ospedale civile Pecchini, l'intendente di finanza, il rappresentante del Ministero dei Lavori pubblici, il rappresentante del Ministero della Pubblica istruzione.

Vi assistono il prefetto di Padova, il direttore dell'urbanistica del Ministero dei Lavori pubblici, il sovrintendente ai monumenti delle Venezie, il capo del Genio civile di Padova, il consulente legale dell'Università, il direttore dei servizi amministrativi e contabili dell'Università, e gli ingegneri Giulio Brunetta e Daniele Calabi progettisti del Policlinico.

Il rettore Guido Ferro trova inopportuna e fuori luogo la dichiarazione di Piccinato.

Ferro è all'inizio del suo lungo rettorato che, per unanime riconoscimento, è stato caratterizzato da notevoli risultati da tutti i punti di vista. Ferro è uomo del “fare”, ha dimostrato una preziosa capacità operativa molto rara.

Le sue relazioni per l'inaugurazione degli anni accademici sono documenti molto interessanti.

La sua preoccupazione per il gravissimo ritardo con il quale sta procedendo la realizzazione del Policlinico reale è fondata, degna di rispetto e di ogni considerazione. Il rettore non ha nessuna intenzione di accettare la proposta di decentramento del Policlinico universitario dell'urbanista motivata nella “Nota” diretta al sindaco.

Nello scontro con Piccinato, il rettore fa pesare tutto il suo meritato prestigio professionale e accademico accanto a insofferenza e una certa arroganza nei confronti dell'urbanista. Epistemologia della superbia potrebbe essere vichianamente definita quella del rettore Ferro come segretario del Sindacato provinciale fascista degli ingegneri era stato membro per qualche biennio della Commissione edilizia per i piani regolatori.

Crescente nei suoi brevissimi interventi ribadisce i caratteri dello sforzo finanziario del Comune “gravissimo e insuperabile”.

Dopo gli interventi di Ferro e dell'ingegnere Celeste Pecchini, il sindaco chiede semplicemente se l'Ospedale sia disposto ad accettare “la trasmutazione di aree” proposta da Piccinato”.

Crescente in anni successivi troverà il modo di scrivere che la soluzione imposta da Ferro era forse la meno brillante ma certo la più rapida.

L'ingegnere Pecchini e il Consiglio di amministrazione ribadiscono, con uno stile ben diverso da quello del sindaco, il loro netto e sprezzante rifiuto.

Il rettore ha trovato l' affermazione di Piccinato “inopportuna e fuori luogo Il Consiglio di amministrazione “prende atto con rincrescimento della dichiarazione dell'urbanista,

la dichiara inaccettabile sotto ogni aspetto”.

L'imposizione del rettore relativa all'ubicazione del Policlinico universitario ha avuto delle gravi conseguenze che pesano ancora oggi sulla vita della città.

Piccinato la subì e la inserì, dopo essersi opposto in tutti i modi, nel suo Piano regolatore adottato dal Consiglio comunale ad unanimità nel maggio del 1954 che certo provocò una forte opposizione e proteste di ogni genere. Il Piano regolatore non era perfetto.

Piccinato, per esempio, non capisce il ruolo delle parrocchie nel contesto padovano e non solo. E quindi sottovaluta la legittima domanda di spazio delle parrocchie. Le parrocchie nel Veneto non sono semplicemente “edifici di uso pubblico”.

Il Piano regolatore del 1954 è una espressione “alta” della visione della città come organismo che Piccinato sostiene da decenni.

Alcune affermazioni del Piano come la previsione “del vincolo totale su tutta la cinta bastionata della città e il ripristino a verde” e ancora la “creazione di un completo anello di passeggiate con belle e vaste visuali intorno al nucleo della città interna” contrastano con lo stato di fatto e con la cultura di tantissimi padovani.

Chi rilegge oggi la storia urbanistica padovana dopo l' adozione del Piano ha la fondata impressione che si sia scatenata l'antiurbanistica: vengono tombinati lunghi tratti del canale Alicorno-dei Gesuiti, e anche di altri canali cittadini.

Nel maggio 1961 Alfredo Barbacci pubblica due articoli di denuncia di quanto sta succedendo a Padova su “La Nazione”.

Nell'inverno del 1962 Leonardo Borgese su “Il Corriere della Sera” pubblica tre articoli durissimi su quello che sta succedendo a Padova: “Distruggono Padova”,”Italia tradita”. “Il verde e l'acqua sono ormai nelle mani degli speculatori” e via con questo tono.

Il nome del sindaco non compare mai nei tre articoli di denuncia .Il 5 maggio Crescente con una intervista sulla “Gazzetta del Veneto” assicura che il tombinamento del Naviglio verso la Basilica del Santo non proseguirà. Intanto si costruisce a poche decine di metri dalla cerchia muraria cinquecentesca, si abbattono edifici di interesse storico e artistico.

La riforma urbanistica è la”madre di tutte le riforme”. Ma certo la coscienza e cultura urbanistica non ha caratterizzato i politici, gli amministratori locali e i sindacalisti della Prima Repubblica neanche a Padova, a parte qualche eccezione come Egidio Meneghetti, Zancan, Feltrin. Anche gli intellettuali che intervengono sono pochini: Luigi Gaudenzio, Diego Valeri, e pochi altri.

Tuttavia non è la cultura urbanistica la linea di separazione fra la Democrazia cristiana e i partiti della sinistra neanche a livello nazionale.

Piccinato quando nel 1957 accompagna la pubblicazione del Piano regolatore del 1954 su “Urbanistica” con l'articolo “L'esperienza del piano” ribadisce la sua ammirazione per l'assessore democristiano Lanfranco Zancan.

Il ministro Fiorentino Sullo, che qualche pubblicista della generazione del “68 definisce oggi “eroico”, sostenitore della riforma urbanistica non ha certo ricevuto un sostegno adeguato da parte dei partiti e dei sindacati della sinistra. (F. Sullo, Lo scandalo urbanistico Storia di un progetto di legge, 1964, Vallecchi editore, Firenze)

Il Piano regolatore di Piccinato con la sua visione della città come organismo introduce un elemento fortemente innovativo che lascerà un segno nella storia di Padova.

Il momento più alto della azione del sindaco di Crescente e di tutti gli esponenti padovani della Democrazia cristiana è stato certo quello relativo alla creazione della Zona industriale molto più estesa da quella prevista da Piccinato. Nel febbraio 1958 viene approvata la legge relativa e i democristiani padovani, anche mediante duri scontri, riescono dare un impulso fortissimo al processo di industrializzazione di Padova e nello stesso tempo. Grazie all'impegno dell'esponente della Coldiretti Fernando De Marzi per la prima volta nella storia italiana si riconoscono nelle espropriazioni anche i diritti dei coltivatori diretti piccoli proprietari e fittavoli a ricreare la loro azienda.

Sicuramente fra tutte le critiche al Piano regolatore di Piccinato del 1954 la meno motivata e accettabile è quella relativa alle dimensioni in esso previste della Zona industriale. L'urbanista non poteva certo prevedere che la classe dirigente democristiana padovana assumesse un obbiettivo politico così ambizioso come quello relativo alla dimensioni della zona industriale. E dimostrasse, in questo caso, tutte le sue notevoli capacità.

Crescente è sindaco anche quando Feltrin diventa assessore all'urbanistica nel 1964. Feltrin affida a Piccinato la Variante generale al Prg che viene presentata nel gennaio 1974.

Piccinato nella “Relazione illustrativa” non si limita a denunciare tutti i soprusi subiti dal suo Piano regolatore del 1954 ma chiede il decentramento del Policlinico universitario. I fatti sono molto testardi. La storia gli ha dato ragione.

Tuttavia Crescente rimane anche dopo il suo ritorno a vita privata uno dei protagonisti di riferimento della vita padovana.

Quando nel febbraio 1982 per incarico del presidente del Comitato mura Lionello Puppi lo invitai a una manifestazione, Crescente rispose con la lettera che accludo.

Il nostro punto di vista era radicalmente diverso. Scrivemmo la lettera di risposta ma, dopo un attimo di riflessione, rinunciammo a divulgarla. Per rispetto e per ammirazione dello stile dell'uomo al quale Padova deve molto.

Giaretta ricostruisce anche gli interventi dei sindaci e degli assessori democristiani, Nello Beghin, Settimo Gottardo, fra tutti, portatori di una cultura urbanistica opposta a quella dell'accentramento ossessivo del rettore Ferro (non privo di motivazioni e giustificazioni degne di rispetto).

Se in appendice al volume l'autore avesse elencato tutti i libri citati, ne avrebbe certo facilitato la consultazione. Lo farà certamente nella prossima ristampa della sua fatica.

novembre 2017

Recensione
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