Il “dilemma” che reca il titolo
dell'opera di Antonia Izzi Rufo è la costante che percorre i suoi testi,
concepiti come brevi sequenze che intrattengono e analizzano l'inquietudine
dell'autrice.
“Scorreva il tempo
| e nel
terrore languiva | la famiglia | nel terrore | e nella suggestione | di complessi e
pregiudizi”: il tempo di Antonia Izzi Rufo è il soggetto di una mutevole
coscienza, spesso messa alla prova dalle numerose, dolorose contraddizioni di
una esistenza tesa fino alla spasimo nella ricerca di una “ponte fatale” da dove
librarsi senza rimorsi.
Con un tocco tenace e per niente
compassionevole, l'autrice parla di suicidio e di malattia mentale senza cercare
nella lirica una mediazione alla propria dirompente emozione ma anzi animando
nelle parole la propria lucida angoscia.
Angoscia che non assolve le
proprie vittime ma propone nuovi, sgomenti interrogativi sul senso del proprio e
dell'altrui vivere; uomo e simbolo, il personaggio di Eros rappresenta nella
silloge l'altra faccia della morte, la sponda dell'illusione.
La sua pazzia diventa motivo di
ulteriore coscienza, lucida visione che sgomenta e non rassicura, ma intima una
scelta definitiva rispetto al “dilemma” di esistere. Il suicidio lascia a chi
rimane le domande senza risposta, l'inquietudine della coscienza rispetto alla
irrisolutezza continua delle scelte.”Il ponte della morte” diventa in questo
caso la frontiera dell'estrema vita per Eros, il protagonista di questa silloge
che dialoga con gli Ufo e ascolta “voci”inesistenti, capace più degli altri (più
dell'amata Lisa, più dei dolenti genitori) comprendere quell'amore
ineguagliabile quando non è più gravato da quotidiani, remissivi compromessi. Il
suicidio esprime quindi un riscatto doloroso dalla propria follia, la volontà di
sottrarsi al giogo doloroso della propria mente, sciogliendo finalmente il
“dilemma”.
|