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Notturno
Un Canzoniere, intimo e autentico, che non tralascia niente
del quotidiano, o meglio non esclude a priori oggetto alcuno, soffermandosi
tanto sulla sublimazione dell’amore, quanto sui segni che lascia il tempo
trascorso. In tal senso si afferma la scrittura come strumento di indagine che
attraverso l'alto rilievo porti a maggior conoscenza: "Qualora si rompesse / il
tenue filo della conoscenza/tutto parrebbe illusione".
E allo stesso tempo un Cantico, dal momento che in più
occasioni la celebrazione dell’amore per l’altro da sé si espande ad invocazione
verso l’Alto, ovvero a trasfigurazione in amore per Dio. Ecco le due nature, ma
poi una stessa, del Notturno di Maria Antonia Maso Borso.
L’inno all’amore moltiplicato e irradiato in ogni direzione
parrebbe, così, senza misura (intesa come proporzione) se non fosse per un
rigoroso controllo metrico, che riconduce al primigenio rituale ritmico la
preghiera laica e religiosa di questi versi, attraversando e attualizzando nella
restituzione della propria esperienza di vita la campitura della lirica erotica
che ha da sempre il colore dell’assoluto, purché sia ode "Ci sia data la gioia
del dolore/e la spina più aguzza della gioia./Ci sia dato, per tutto, dire
grazie".
Possiamo infatti parlare, nel caso di questo “notturno”, di
afflato spirituale laddove ad ogni slancio verso l’alto e verso l’altro
corrisponde l’affondo nel terreno dell’esperienza umana senza la quale non si
avrebbe amore. Ebbene, la parola tabu è stata pronunciata, perché di qui si
parte e qui si torna. L’amor cortese dei trobadori e la più vicina sua
evoluzione in dolce stil novo sono le radici più immediate di queste poesie, che
non disdegnano affatto di “riecheggiare” tali illustri plaghe di riferimento.
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Recensione |
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