S/VAN/AR/EGGIA
Potremmo
definire ‘ironica’ la poesia di Gemma Forti, se non fosse per una postura etica
che sorregge ogni verso e che è una delle motivazioni di questa scrittura.
Sorridendo e
provocando il sorriso l’autrice spazia dalla riflessione sociale al fato di
cronaca, dall’arguzia filosofica alla facezia.
Il gioco di
parole, l’assonanza, il gioco allitterante divengono essi stesso significante e
proprio la sintesi tra forma e contenuto evidenzia l’ossimoro tra
nonsense
e senso della vita: “Comunque
/ tutto rimane / avvolto / volto / rivolto / nel buio di una notte / senza fine
/ o / nella speranza / di una tenue / risibile / luce / d’alba”.
L’atteggiamento
disincantato dell’autrice giunge ad investire la natura stessa della poesia, in
una sorta di confine tra il sentimento crepuscolare, che potrebbe rievocare
Corazzini, e lo sfottò: “I
Poeti / uniti nel mondo / da un filo sottile / di seta / so/t/teso / vagano
spersi / corruschi / a volte ridenti / per lo più accigliati / curvi sulle
spalle / del peso della Terra / Si credono profeti / Nessuno li ascolta /
Qualcuno / sparuto / li segue / nel credo…”.
Addirittura
l’autrice ricorre al tono da filastrocca per portare il rilievo le realtà più
dure, come in
C’ERA,
in cui nella cornice idilliaca di una terra fata affiora il cancro della mafia,
intento manifestato già dall’esergo:
Spesso ciò che
inizia come una favola / finisce prima o poi in tragedia.
In un modo o
nell’altro Gemma Forti tiene il passo ai vari ritmi dell’esistenza battendo il
tempo e accompagnando così la nostra danza tra i suoi versicoli, mantenendo però
la bacchetta del direttore d’orchestra in modo da dettare il controtempo,
riscuoterci quando serve, con sapiente gioco metrico e tonale: “Si
fila il tempo / gomitolo di seta / agile tra le dita /scorrendo come fiume in
piena / o timida risacca / tra flutti di tempesta / o lievi guizzi / Rifletti…”.
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