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Passione e sintonia.
Saggi e ricordi di un italianista

Il fattore del ricordo (Saggi e ricordi;Un italianista ricorda) costituisce il tono di fondo di un libro riguardante la permeazione tra esistenza e letteratura; libro che richiama La vita e lo sguardo, Voci di un tempo ritrovato,sul versante esistenziale; e Gioia dell’interpretare,sul versante letterario. Si modula secondo una sedimentazione-decantazione , una pacatezza della distanza, che rende la scrittura densa, piena; colma, si potrebbe dire; una scrittura che non ha più bisogno di interrogativi,di commisurazioni critiche: è se stessa, in quanto «risolta», in quanto giunta ad un approdo sapienziale.

E’ una scrittura della pacificazione interiore: istanze ed interrogativi rimangono aperti, ma al di là dei limiti egoici e delle preoccupazioni «contemporanee»: non essendoci più il limite egoico , la cadenza del linguaggio nasce da una rinnovata auroralità; il tempo passato si «capovolge» in un nuovo «presente».

In questa presenza neo-aurorale, il tempo-memoria della letteratura novecentesca, che è, insieme, spazio del vissuto esistenziale, emerge nei nuclei del passaggio ,attraverso il «rifiuto della mimesi»(p.28),«Da una visione ‘essenzialistica’ del mondo […] a una concezione ‘esistenzialistica»(p.29), ad un «rapporto critico dell’uomo con la realtà»(ivi): che , nella pluridimensionalità delle istanze (da Baudelaire a Proust a Mann) giunge ad una «convergenza» sulla base di una «spinta filologica» (p.35):«…la ricerca stilistica […], l’ingagine tematica, la critica formalistica riabilitata in Russia dopo la scomunica degli anni staliniani, l’analisi strutturale […], la storia della cultura, la sociologia letteraria, la critica di ispirazione psicanalitica, la stessa avventurosa critique de profondeurs, sembrano cospirare a un’ideale convergenza», condizionata, tuttavia, dalla «tentazione di eguagliare in rigore ed efficacia probativa le scienze esatte e sperimentali» (ivi); per cui «Alla linea galileiana propria delle scienze esatte, si oppone una linea delle scienze storiche e culturali che passa attraverso Vico e Dilthey»(ivi).In quest’ambito, si collocano i richiami alla correlazione interprete-lettura-esecuzione; all’»atto maieutico che accoglie il testo» (p.13); alla «maieutica dell’ermeneutica letteraria»(p.15);alla magistrale «formula» della «filologia» come «la nostra etica in quanto studiosi di letteratura»(p.16):il richiamo vicendevole maieutica-ermeneutica costituisce un suggerimento sollecitante:significa che il il primario movente dell’interprete è quello di «lasciar parlare» il testo, di sintonizzarsi sul testo e di seguirlo dal suo interno , in quanto è dall’interno del testo che viene la sua stessa configurazione, il suo stesso spessore, e la comprensione , quindi, del testo. I riferimenti vanno da Gaston Bachelard, a Leo Spitzer, dalla «teoria della formatività» di Pareyson, all‘«etica del lettore» di Raimondi.

Su questa linea, la «filologia integrale» (p.36) puo’ diventare «filologia europea» (p.37);mentre la «convergenza» degli ambiti di ricerca assume una «prospettiva antropologica»:«Insieme con la psicologia del profondo, con la storia culturale, con le discipline etnologiche, con la stessa ricerca filosofica e storiografica, la critica e la filologia collaborano alla costruzione di quella generale prospettiva antropologica che pare oggi immanente in tutte le scienze umane»(p.39).Su questo terreno, si pongono, secondo uno sguardo equanime, da un lato il «sentimento europeo» de Il cimitero cinese di Mario Pomilio;dall’altro le derive «attuali», l’asfissia , l’afasia della lingua poetica del ‘900 (pp.154-158),ma giungendo a riscattare la stessa «civiltà delle macchine» alla luce del «linguaggio poetico»:infatti, Ungaretti si riferisce alla «macchina» secondo «alcune parole-chiave come misura, mistero, innocenza»: «La macchina richiamava la mia attenzione perché racchiude in sè un ritmo:cioè lo sviluppo d’una misura che l’uomo ha tratto dal mistero della natura [...]da quel punto del mistero dove è venuta a mancargli l’innocenza» (p.171);e Montale scriveva nel 1975 che «Se un giorno sparissero le macchine , a testimoniare la civiltà delle macchine rimarrebbe la poesia d’oggi» (p.173).

Il tutto è immerso in una comprensione motivata da una temporalità esperita, come se il tempo storico fosse sostanzialmente esaurito in un arco esperienziale , sulla linea di Montaigne:la semplice vita di un uomo porta in sè «la forme entière de l’humaine condition» (p.86).E’, quella di Giachery, un’ottica motivata da un tempo pluricomprensivo e universalizzante, che tende non a soffermarsi sulla datità della contingenza storico-fattuale, ma a sentire, della realtà, le esigenze umanistiche secondo una formulazione «ottimisticamente» neo-progettuale, modulata sulla presenza di un tempo neo-aurorale.

Si tratta di istanze che motivano i sondaggi testuali dello studioso:il «sentire cosmico» nel Copernico di Leopardi, dove il «capriccio del Sole», «l’iniziativa del Sole» (p.48), fanno emergere il gioco ironico , evidenziato da Filippo Secchieri; e dove si giunge alla cosmologia di Bonaviri ‘p.57); e, d’altro canto, il «francescanesimo» di Pascoli, dove l’apparizione di Cristo nel solo mondo terrestre , in un universo popolato da infiniti mondi, è «compreso» secondo la parabola evangelica dell’abbandono delle 99 pecorelle, meno bisognose di presenza, rispetto al mondo terrestre;il «destino», di Verga e di D’Annnunzio, autori nei quali vengono rilevate inattese «affinità»:«Il distacco di Verga dalla periferia siciliana […]va di pari passo con uno schiudersi della sua arte verso orizzonti nuovi […] D’Annunzio sperimenta non solo sul piano biografico , ma anche culturalmente il mito dell’ulisside» (p.71);e l’«opera-vita» in Ungaretti (sul versante dell’autore); in Montale (sul versante dell’interprete): autori,Ungaretti e Montale, che risalgono ad una lunga, consentanea, coinvolta frequentazione interpretativa da parte di Emerico Giachery.

L’«opera-vita» costituisce l’istanza di fondo dello studioso: che si riconnette alla permeazione esistenza-etica-letteratura; alla «letteratura» come «amicizia»: nucleo essenziale ,per cui, qui, assumono significato anche le notazioni «biografiche»:su Carducci (le testimonianze di Annie Vivanti); su Pizzuto (la figura di Madeleine Santschi; le tre lettere di Pizzuto a Giachery, del ’73 e del ’74).

Ottobre 2015

Recensione
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