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Alla fine il silenzio

Poesia. Ogni libro presenta aspetti che sono unici, o per la copertina o per l’impostazione tipografica. Alla fine il Silenzio appare con almeno due elementi distintivi — si parla per l’appunto del libro fisicamente inteso, cioè una forma materiale che contiene prodotti dello spirito e in genere dell’ingegno umano sotto il profilo letterario.

Fin dalla prima lirica abbiamo una traccia precisa di come deve intendersi la poesia. Nell’insieme di questa silloge c’è però un dato che emerge, cioè il flusso poetico solo interrotto dai vari testi, ma sempre unitario nello scorrere dei versi. La parola poetica, ed è il presente caso, trasmette emozioni, sensazioni e pensieri: in particolare è la memoria a essere uno dei fattori dai quali scaturiscono le immagini che poi si trasferiscono sul piano verbale.

Se osserviamo il formato di quest’opera ci rendiamo conto che i versi hanno la necessità di espandersi, divenendo sovente macroversi, svincolati dalla misura strettamente metrica, senza nulla perdere però della loro intrinseca musicalità. Un esempio ci è dato dalla lirica La mia penna scrive: quel fluire di cui si diceva coglie qui la sua realizzazione, come modo inarrestabile che l’idea introduce nel linguaggio, indubbiamente con relazioni continue fra il dire, e soprattutto l’esprimersi, e la realtà, rappresa nella sua più elevata fase comunicativa. La quotidianità, comunque descritta, diviene più sfuggente e acquista un valore essenziale, per quanto possa discostarsi da una effettiva oggettività.

Di rilievo quindi le “interpolazioni” in prosa che chiariscono con evidenza il percorso in attuazione e il suo sviluppo cronologico — ma si tenga presente che la cronologia dei testi con ogni probabilità non si coniuga con i procedimenti logici tecnicamente intesi. Ciò che ci sembra una peculiarità della raccolta è la mancanza di una collocazione storica, di prefigurare un tempo entro cui riconoscersi, al punto che, se non ci fosse il decorso linguistico con le sue implicazioni diacroniche, si dovrebbe parlare di poesia senza tempo, e di conseguenza meno soggetta all’usura che inevitabilmente le epoche producono sulle azioni, sia di tipo concreto che di origine virtuale. Spesso qui ci parla la natura, ed è naturale che anche il poeta si trovi di fronte a una scelta, se vivere nella natura oppure nella storia.

La poesia ci pare prediliga la seconda scelta, poiché si fa essa stessa storia, ma la natura riemerge a ogni piè sospinto, se pur la si tenga fuori dalla sfera del pensiero, e anzi risalta maggiormente proprio in virtù di eventuali esclusioni. “Sapete che gli alberi parlano?” — è una domanda che l’autrice rivolge ai lettori, e se ne deve sottolineare lo stupore, per coloro che a volte sono insensibili al fascino profondo che la natura esercita sull’animo umano. Può darsi che la poesia trasmetta alla fin fine “sensazioni fuggevoli”, tanto da non considerare lo stimolo che spinge a  creare, ed è invece uno dei compiti più probanti dell’arte captare l’ineffabile, tentare una sua integrazione in una forma concettuale, e infine darci la possibilità di interpretare ad infinitum il piano verbale.

Ne deriva una specie di unità fra natura e intelligenza costituendosi nel testo: “Con la mia gerla di pensieri cammino su sentieri | nevosi dell’inverno”; forse la poetessa ha spontaneamente dato vita a una rima nel medesimo verso [asticcio]. La poesia prelude perciò all’ipotesi di mutazione in anima, ancorché si intenda anima per la più intima essenza dell’individuo. Sorge allora il problema di cosa sia l’individualità, ovviamente quale cifra originale distingue il poeta creatore e ne determina ogni caratteristica nella costruzione di un mondo ideale, ma nel contempo linguistico.

La citazione da sant’Agostino cade a proposito: ognuno di noi non sa esattamente ciò che è: è un principio inalienabile, che deve servire da paradigma a qualsiasi atto espressivo o fattuale. Difficile sondare sino alle estreme propaggini la fantasia e il suo influsso nel concepire dei versi. La poetessa ci parla: la sua voce giunge a noi da quell’immaginazione che per forza di cose sa coinvolgere ciascun lettore con la suggestione dell’eloquio e quella incidenza emotiva che è patrimonio degli esseri senzienti.

Recensione
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