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Antidoto a un
mondo in deriva. Sette poeti italiani novecenteschi.
Poesia. Non si
può che condividere quanto Carlino scrive a proposito della diffusione in altre
lingue di una produzione letteraria. Indubbiamente sussistono delle difficoltà,
in particolare nella poesia, volendo avvicinare aspetti fonetici e ritmici
costituzionalmente diversi, tuttavia la traduzione in rumeno, lingua che con la
nostra pur condivide non poche affinità, rappresenta sempre – non come da talune
parti si dice un tradimento anziché traduzione – un proporre con altre
possibilità testi poetici o narrativi.
Il primo dei sette poeti è Dario Bellezza
(1944-1996). Appare evidente nella sua poetica il rapporto e il contrasto fra
carne e spirito, che darà poi adito alla morte segreta. Mario Lunetta
(1934-2017) ha praticato anche la critica: può esservi conflitto, sotto il
profilo del linguaggio, tra le due discipline? Tanto più che nella sua “distinta
e imponente” produzione filtra l’orrore che risiede oltre la parola.
Separazione pressoché certa in Francesco Muzzioli (1949), con un discorsivo
del postmoderno e una scrittura talvolta parentetica, forse l’incertezza
dell’esserci oggi. Per Marino Piazzolla (1910-1985) la prospettiva
cambia: vi è una notevole forza icastica (Discorso alle ombre) allorché
ci si avvicina a una specie di apocalisse che è anzitutto interiore. La breve
vita di Antonia Pozzi (1912-1938) ne certifica però la vitalità poetica, per
quanto lo stile tenda ad appannarsi, dovendosi comunque tener conto del periodo
in cui ha operato.
Vittorio Sereni (1913-1983) è un poeta che sembra crescere
col passare del tempo. La percezione della natura a volte emerge sopra il
fattore personale: “Opaca un’onda mormorò”. Arriviamo così ad Andrea Zanzotto
(1921-2011) che risulta il più sperimentale. La scrittura va oltre il senso
stesso di un vocabolo nella costruzione semantica, mostrando quei bagliori che
sorgono quale memoria da un retroterra classico (Dietro il paesaggio), ma
che evolve in direzione linguistica. È ovvio che non si può sintetizzare in due
o tre righe l’essenza di ciascun poeta: il rischio di sbagliare è alto.
Non rimane dunque che affidarsi all’apparato critico e biografico che precede la
silloge dei singoli autori. Un lavoro che, a nostro avviso, dovrebbe
rappresentare un esempio per altri eventi consimili, in modo da valorizzare la
ricca e originale produzione della poesia italiana del dopoguerra.
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Recensione |
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