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Come dentro ad un sacchetto di biglie colorate

Poesia. Nato nel 1965, Ambrosio esordisce con il romanzo diario Buonafortuna (Firenze Libri, 1988). Ci pare un autore che non pubblica, come tanti fanno, in continuazione, ma quando appare lascia il segno. Già la conoscenza col precedente libro di narrativa due anni or sono ci aveva messi sull’avviso: ecco chi ha qualcosa da dire e lo fa con un proprio inconfondibile stile.

Può infatti incuriosire la presente raccolta poetica anche solo per il titolo, ma poi, quando si va a esaminare il contenuto, ci accorgiamo che almeno due caratteristiche distinguono la sua scrittura: la sintassi e le metafore che oseremmo chiamare estreme, nel senso che vanno oltre le metafore consolidate dalla tradizione. Ne citiamo qualcuna: “per un pugno di numeri”, “su sentieri di gomma”, “La nebbia mi inumidisce di malinconie” — sono metafore, o meglio traslati in senso lato, o qualcosa di più? Ad ogni modo gli esempi ci permettono di classificare l’opera del Nostro come originale, che, se tiene conto di lezioni pregresse, segue comunque una sua via, e traccia, come dovrebbe fare ogni poeta che si rispetti, la ricerca di una individualità che si riflette nel linguaggio. In quanto alla sintassi, e in sottordine al lessico, vi è uno spirito coerente col soggetto designato, una verticalità che nel distinguersi in versi brevi e incisivi non viene meno all’invenzione creativa, al segno tradotto ora in simbolo, ora in evento reale. In tal modo l’allusione diviene lampante, si veda Bologna ’80 che si presenta quale superficie lapidaria, ancorché storica. Stessa valenza iconica la ritroviamo nella breve composizione datata 25 aprile 2012.

Quando poi troviamo un testo all’antica con troncamenti e termini classici ne riceviamo la strana impressione che il linguaggio per così dire aggiornato sia un’apparenza, trovando nel gusto retró una rivincita sul tempo inesorabile. È attraverso immagini folgoranti che il poeta coglie l’ineffabile: “Poi | sono stato tempesta.” — ogni significato si estingue nella stessa figura che crea, come un segnale che di colpo scompare, di un tempo che se ne va, e gli oggetti che dovrebbero conservare la memoria, il che vuol dire resistenza, si limitano a essere emblema, piccoli frammenti fisici, che una cura amorosa tenta di salvare: “Qui | i cassetti parlano”; ma Ambrosio ha saputo renderli ancora vivi, anzi in un tramite che, a dir la verità, non sappiamo dove potrebbe portarci.

Quel passato viene considerato nell’occhio lungo del poeta, il quale vede oltre la comune visione, ricupera elementi che sembravano perduti nel ricordo, pur riconoscendo un misero vedere coglie in un istante con l’acutezza del pensiero: dovremmo asserire che il pensiero scruta nel profondo dell’io e ne trae immagini che si rivelano alla luce dell’intelletto. Osservando la forma verticale in versi brevissimi ad alcuni potrebbero venir in mente le stringate liriche di Ungaretti; ne riportiamo un esempio: “Coniugo | pensieri | al | passato perduto”.

C’è indubbiamente un aspetto formale assai simile, ma cambia la sostanza: anzi, qui ci consegna la dimensione del tempo che fu in un presente attivo, sicché non viene meno il movimento concettuale del sintetico testo: tutto è in funzione astratta, laddove invece si crede di veder affiorare qualche figura. Semmai la natura si esprime in una mutazione istintiva, allorquando “Vento | rastrella | solchi di nuvole.” Il traslato è evidente, e riempie i versi, li dispone secondo un ordine definibile come logico, pur restando lo strato metaforico. A immagini di tipo mosso ne incontriamo altre che invitano a un senso di intima tranquillità: “Riposino | le onde | spumeggianti” — onde che si collegano a un clima realizzato in modo spirituale. A volte il poeta ci mostra il suo volto pessimistico: “Non verranno | giorni | migliori”, ma questo pessimismo risulta persino necessario, per bilanciare uno slancio vitalistico che può portarci fuori strada, e pur rilevando che la vita potrebbe ferirci, alla fine ne resta una speranza che non si piega nemmeno di fronte alle difficoltà che della vita fanno parte.

Recensione
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