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La zia sola. Versi per Nilde

Poesia. Come nella raccolta dedicata alla madre anche in questa potremmo individuare quella linea familiare che, anziché diminuire il tono generale della poesia, la potenzia grazie all’intensa resa dei versi e al dato emotivo che arricchisce lo stile di una sostanza umana e spirituale. Indubbiamente la zia dell’autore è stata una persona non comune se viene definita “funambola e strana”.

Ma se scaviamo nelle liriche che le sono dedicate ne ricaviamo un’immagine particolare, e crediamo che qualche breve dato sia utile al lettore. Maria Nilde Venuti (Belluno, 1939 – Roma 2021) si era laureata in lettere classiche a La Sapienza. La sua passione per l’arte, specialmente cinema e teatro, è stata coltivata con “silenziosa riservatezza”, un fatto che ci dà la misura di un impegno non tanto nella scrittura quanto nel cogliere dalla cultura il segno veramente intimo e profondo, che alla fine diventa suo. La foto la troviamo a p. 15. Detto ciò, e stabilito il carattere della zia, vediamo ora come il poeta ne ha rivelato la figura in senso creativo. In primis una deliziosa visione: il lago del Giglio e Villa Doria Pamphili a Roma, e in apertura quattro tanka, una forma esotica che ha preso piede anche da noi.

Notando brevemente i versi, secondo la metrica italiana, osserviamo un ipermetro, non apparente, nel settenario “amavi i tramonti, tu”, che diventa ottonario con la tronca tu in clausola e con rari accenti di seconda e quinta: versi simili in Campagnetto da Prato. Già nella prima poesia, malgrado che si assista un estremo tramonto, è proprio in questa luce meridiana impossibile a disperdersi il segno più alto, la voce che non cede all’usura degli anni. Sentiamo una quotidianità che conteneva in essenza tutta la forza di un’epoca ormai fissata dalla memoria. Va notata, sotto il profilo stilistico, la compattezza strofica entro la quale emergono le “voci mute d’amore” che il tempo sembra obliare. Le metafore, ovvero i traslati in senso lato, si realizzano su un piano di sicura originalità, per esempio in quello “Scorpione tenebroso d’amore” che indica un forte rapporto e un’affinità di tipo non solo intellettuale, ma anche operativo, e tale simbolo va preso nel significato di resistenza (Barbault) come se l’opposizione divenisse un fattore vitale.

Leggendo questi versi nel loro insieme ci pare di affrontare un viaggio, benché la zia sia viaggiatrice più dell’essere che del divenire. Quel vincolo va esteso oltre la soglia, di qualsiasi specie, e rievoca un giardino e una veste bianca. Nel finale più stringata si fa la forma, ma l’idea rimane immutata, preludio però a nuove soluzioni.

Recensione
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