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Le cose del mondo. 1978-2019

Poesia. Un’idea legata a un desiderio che, con questa raccolta, è stato esaudito. Per chi conosce il percorso di Ruffilli poeta viene da chiedersi: cosa vi è di particolare nel suo stile, nella sua scrittura, di così diverso da ciò che invece sembra uguale? con parole che non rappresentano una ricerca puramente linguistica, sul punto di definirsi, intese e si direbbe protese come sono alla conoscenza?

Questo è un principio da cui iniziare una delle tante, possibili partenze: una oggettività che perde la sua figura corporea, caricando il segno di un tempo vissuto, ma anche da venire. Se dovessimo prefigurare una singolarità tecnica, ebbene tale tecnica, che riguarda fra l’altro la metrica, si adegua al contenuto per la sua peculiare corrispondenza, quasi fosse un involucro che acquista espressione. Difatti, con la prima parte delle sei che costituiscono la silloge, percepiamo sì e no l’endecasillabo, sì e no le rime, a volte introiettate (termine non messo a caso per il suo senso psicanalitico), ossia rima interna, o lungo il verso (asticcio): ma questo, che interessa a chi cerca la poesia?

Sarebbe un errore sottovalutare l’aspetto strutturale di un testo, specialmente qui che ogni verso scorre con tale naturalezza da far pensare a elementi già nella natura, che vengono di volta in volta scoperti. La poesia è spesso inventio, sebbene ogni parola sia già contenuta nella langue. È proprio attraverso l’esperienza che si scopre l’essere e il suo divenire: poi l’esperienza si fa parola. Davanti a una poetica come questa, spogliata da inutili orpelli, e fatta sostanza, è chiaro che rare sono le figure retoriche, anzi, cade qualsiasi retorica. E non è neanche intellettuale, deriva di taluni autori seppur dotati. Un filosofo riteneva che di ogni cosa occorre chiedersi qual è la sua natura: se il poeta ha mantenuto nel tempo, pur con le inevitabili oscillazioni, la sua cifra stilistica, un motivo ci deve essere.

Il motivo sta in un tentare la realtà, e saggiarla nei suoi meandri, farsi domande per quanto implicite. C’è una introspezione che deve tener conto di una logica parziale, dell’evento sfuggevole, del tempo non tempo in cui si assorbe ogni idea od oggetto. Ci sembra quasi che la nostra presenza umana sia casuale e ogni destino già predisposto sin dall’origine, perché comunque si agisca il mondo non ci sente e fa a suo modo. Volendo, Ruffilli potrebbe rivelarsi un lirico di prim’ordine, ma se il suo volgersi altrove fosse una rinuncia finirebbe per risultare l’identità, non cedere e non cedersi. Probabile che anch’egli, come molti di noi, cerchi la salvezza: occorre sapere di che tipo e perché. Salvarsi implica un cedimento, forse a qualcosa di incognito e ancor più spaventoso della caduta. Ma egli non cade nella trappola del troppo immaginato, e sostiene il suo io attraverso una rigorosa percezione di aspetti reali o pensati.

Perciò il suo dire va oltre la semplice descrizione, con la perfetta consapevolezza che diversi concetti esistono là dove finisce il margine delle cose. Esempi di poesia assoluta non mancano: “con le parole viscide sonore la schiuma aerea delle onde” (Lingua): non è quindi necessario ostentare possibilità che già conosciamo, ma integrare gli effetti e i dati, tra cui la sottile ironia, in una superiore unità. Se tutta la raccolta mostra l’indubitabile sigillo stilistico dell’autore, le ultime due sezioni toccano probabilmente il vertice. In Atlante anatomico le parti del corpo umano danno luogo a sorprendenti risoluzioni, a rilievi che potevano apparire improbabili e trovano invece la loro molteplice realizzazione. In Lingua di fuoco assistiamo alle potenzialità della parola, che riesce a dare corpo all’ombra, e la scrittura tra le arti può ripiegare su di sé la fase critica, laddove musica e arte figurativa devono accontentarsi di variazioni.

Il pallore che Ruffilli conferisce alla creazione verbale è una delle peculiarità che ne dimostrano l’infinita gamma sia espressiva che semantica. Gli interrogativi che sottendono all’ultima sezione sviluppano ora una differente fase ritmica, il rapprendersi in versi di nitida incisività, come la scansione continua del pensiero, poiché il nominare chiama. La raccolta dunque appare una pietra miliare dell’autore e della poesia contemporanea.

Recensione
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