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Ma se la catastrofe è imminente? Studi, note e saggi letterari 2010-2020

Saggistica. Come da sottotitolo: studi, note e saggi letterari che coprono il decennio 2010-2020, raccogliendo in effetti lavori già pubblicati su riviste e in siti web: tuttavia rappresentano un corpus abbastanza omogeneo, in particolare sotto il profilo estetico.

La nuova esegesi, e di conseguenza la critica, procede su un binario orizzontale, spesso non affidato a certi capisaldi della letteratura, sia eventi che personaggi. Se accettiamo questa ottica applicandola alla presente raccolta, dovremo per forza di cose procedere secondo un metodo paritetico, semmai andando a individuare quei portati meno noti che l’autore ha esaminato.

La prima parte del volume riguarda i poeti maudits, se pur tale definizione si attaglia meno ai prediletti, tra i quali Rilke. Vorremmo piuttosto appuntare l’attenzione su Georg Trakl (1887-1914) proprio perché tempo fa ci è capitato un docente di lettere che ha detto: chi era costui? fatto che si commenta da solo. In più, per Trakl esiste un rapporto con la musica, e proprio la lirica Nachts tradotta in lied dimostra di come capillare, si direbbe infinitesima, sia la trasposizione in altro modo, per ciò che suscita e poi realizza, al punto che lo stesso compositore afferma che Trakl crea notevoli difficoltà fuori della sua identità linguistica. Scrive al proposito il saggista che “la vera ombra sia proprio la luce”: perciò la natura, non di rado idealizzata, potrebbe procedere verso la soluzione biologica, tanto da fondere suono e parola.

Fa piacere quindi ritrovare poeti come Arghezi o Sebek, a dir la verità per quanto ne sappiamo poco popolari da noi. È ovvio che le vie per riproporre autori meno noti siano affidate alla passione di qualche cultore. Né possiamo nascondere la nostra predilezione per Miguel Hernández. La seconda parte riguarda alcune voci italiane del ’900: e non sono poche, e a un livello ragguardevole anche in un parallelo con quelle ‘straniere’ — come si vede certi aggettivi tendono a perdere la loro connotazione geografica.

Anche qui può essere frutto di una scelta o di un inclinare in talune zone creative. Oltre a esempi quali Campana o Cardarelli, ci viene da osservare la presenza, sempre più significativa, di Alfredo De Palchi, per una sua irregolarità che diventa norma, forse negli ultimi lavori. L’analisi di tutta la sua opera fa emergere quelle “durezze e ligature” che rappresentano un suo raggiungimento, ma parzialmente anche nostro.

La raccolta quindi dà la misura di un poeta qual è il Carlucci, e del suo humus culturale, rafforzata da due eminenti studiosi che rispondono ai nomi di Emerico e Noemi Giachery, cui era doverosa una dedica in qualità di amici e maestri. La loro esegesi è probabilmente più duratura di quella nuova: contraddizione del postmoderno, quando si torna indietro volendo far tabula rasa del passato o almeno rompendo gli argini di alcuni punti fermi.

Recensione
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