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Tutti gli chef
sono in TV ...e noi andiamo in trattoria
Saggistica.
Certamente il cibo costituisce una cultura, essendo un elemento
necessario alla vita, ma anche suscettibile di diventare una vera e propria
arte. Il volume, riccamente illustrato, contiene interessanti notizie e
aneddoti, a iniziare dal nome Arrigo. Siamo nel 1932, anno XI dell’Era
fascista. Nasce Arrigo, ma il nome che gli si voleva dare era Harry in onore
dell’Harry’s Bar. I nomi inglesi però erano proibiti, perciò si dovette
‘ripiegare’ su Arrigo, diciamo una ‘traduzione’. Basti pensare che vi era
all’epoca addirittura un ‘ghetto’ per le parole straniere, e talune venivano
tradotte in modo quasi ridicolo, per esempio sport con diporto.
Ma, tornando a noi, qual è lo spirito che informa questa pubblicazione? Ce lo
dice in sintesi il titolo. Difatti, vi è ormai una invasione di cuochi e cuoche
che presentano le loro ricette in TV, talvolta inviate da ascoltatori. Quant’è
meglio allora tornare alla concretezza delle cose, e recarsi nelle osterie – se
ancora ce ne sono – e nelle trattorie; a esser pignoli trattoria è un
francesismo, poiché proviene da tratteur: i vecchi dizionari le
definiscono osterie di lusso.
È universalmente noto che in trattoria si mangia
bene, forse meglio di tanti ristoranti il cui termine ha assunto quasi
l’idea di essere a un livello superiore. Abbiamo qui tra l’altro uno spaccato
degli anni del dopoguerra, e chi ha una certa età potrà rivedere immagini che
restano nella memoria. Per esempio, chi più ricorda che Mina all’inizio della
sua carriera si faceva chiamare Baby-Gate?
Non poteva mancare una citazione per
Pellegrino Artusi, che ha dimostrato di ‘insaporire’ il suo storico manuale con
brillanti episodi. Completa l’opera una serie di schede’ nella sezione ...e
noi andiamo in trattoria: trattorie del Nordest con indicate le specialità
della ‘Casa’.
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Recensione |
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