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Procellaria

Flavio Almerighi, nato a Faenza nel 1959, è autore di raccolte poetiche, tra le quali Voce dei miei occhi, edito da Fermenti nel 2011.

Suoi versi sono usciti su riviste culturali.

Il titolo prende nome dal volatile cui è dedicata la composizione eponima. L’uccello nero e bianco, vola sfiorando le onde, nidificando sulle scogliere.Si trova nelle acque temperate degli oceani dell’emisfero meridionale. Ha grandi ali ed è pelagico, al di fuori della stagione della riproduzione. Usa una tecnica che lo porta a muoversi attraverso la cresta di due onde facendo il minimo sforzo. Visita il nido soltanto per nutrire i piccoli, spesso in nidiate di un solo esemplare alla volta, come la solitudine.

Il libro presenta una eterogeneità di contenuti e temi. La scrittura è antilirica e antielegiaca, mentre il linguaggio scattante e icastico ha una forte densità metaforica e sinestetica.

I testi sono strutturati, nella maggior parte dei casi, in lunga ed ininterrotta sequenza. In Rosso d’uva, la prima composizione della raccolta, il tema è quello del sogno, dell’incubo. In essa il poeta descrive una scena onirica di accoltellamento e morte durante la notte, prima del risveglio. A questo proposito si sottolinea che una delle tematiche prevalenti è quella del male.

La poetica dell’autore è caratterizzata dalla presenza di un io-poetante autocentrato.

Il versificare, vagamente anarchico, è permeato di alogicità; nel tono spesso assertivo c’è la presenza di un tu evanescente al quale il poeta rivolge le sue espressioni.

I versi procedendo per accumulo scaturiscono gli uni dagli altri.

Cifra prevalente della raccolta è quella di una forma dominata da mistero, vena surreale, dissolvenza e sospensione. I sintagmi, connotati da un’aurea vaga, offrono uno scarto poetico dalla lingua standard.

Centrale, nel testo, il componimento procellaria, con cui il poeta raggiunge vaga chiarezza e trasparente nitore.

Gli elementi sembrano diversificarsi in altre poesie, per lo più, oscure e complesse. Il volatile potrebbe, divenire simbolo della poesia in se stessa, nel suo dipanarsi e nella linea espressiva del versificatore. La procellaria stessa è la voce poetante che, attraverso i versi, si racconta. Nell’incipit afferma che dio la ideò per sfrecciare sull’acqua.

Descrive la vita biologica nel suo inserimento nell’ecosistema, caratterizzato dalla solitudine di figlia unica. Sua fondamentale pulsione è quella di continuare a predare. È spesso presente un’ironia sottile in questa materia.

Altro tema trattato è quello del conflitto genitori-figli. In viaggi di un telefono appeso rivivono immagini della quotidianità, espresse tramite interurbane, squilli telefonici, assimilate a categorie gioiose. I due tipi di settori, quello sensoriale e quello ontologico sembrano fondersi tra loro.

Il poiein è caratterizzato da una forte sicurezza nella sua tenuta.

In La recessione si riscontrano ambientazioni proletarie ed è citato Pasolini, insieme ad una città non specificata, delineata come multietnica.

Si assiste ad un’eterogeneità di argomenti e il tessuto linguistico è spesso visionario, con accensioni e spegnimenti connotati dalla presenza di cortocircuiti analogici;

Si rileva di frequente un mercato scatto memoriale.

Le poesie in prima e terza persona esprimono una sottesa, autentica originalità.

Con questa raccolta Almerighi raggiunge una maturità espressiva, presagita nelle raccolte precedenti.

Procellaria

Quando dio decise
dimenticò il compasso,
ebbe comprensione
mi carenò, sempre pronta
a sfrecciare l’acqua
con violenza, ricetta base
di ogni portata.

Difficile esercizio
la dignità cui le lettere
sono possibili soltanto
a stomaco pieno,
ho il dovere di sorvolare
avvitarmi, colpire
senza esultanza per altro,

da sempre figlia unica
riposta sulla cresta
di due onde
e sola già dal nido,
l’unica mia vita
è trovare altra forza
continuare a predare.

Recensione
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