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I fantasmi della Gipsoteca
Saggistica. Chi ritiene il Canova essere uno scultore
accademico, le cui opere sono di un’algida bellezza se pur di indubitabile
perfezione, dopo la lettura di questo saggio dovrà ricredersi. Saggio che,
tradotto in libro, costituisce anche pubblicazione d’arte. Nel dialogo tra il
custode e la ragazza si percepisce una intelligente ‘difesa’ del
Canova, capovolgendo certi canoni valutativi. In realtà l’artista veneto crea
una “bellezza che, colta dai sensi, viene elevata al livello della ragione” e
immortalata nella materia. E, in effetti, se si osservano con attenzione le
riproduzioni (pp. 27-41), si coglie un eros ‘nascosto’ che potrebbe perfino
spingere al pigmalionismo. Il Pindemonte aveva compreso il senso dell’arte
scultoria del Canova e “sapea, che i marmi tuoi son molli e vivi” tanto “che
pietra, e moto in un congiunti vede” (un sonetto, a onor del vero, ispirato).
Con ciò non si vuole negare che il modello greco sia assente, ma viene
riproposto con diversa intenzione, così come per altri versi la Camerata
Fiorentina cercò di riportare la musica alla monodia greca. La differenza la
intuì il Foscolo, tra Dea e donna. Due capitoli sono riservati
rispettivamente al metodo di lavoro del Canova e alla sua vita. Il ‘censimento
delle sculture’ in ordine sostanzialmente cronologico (pp. 80-88) e una nutrita
bibliografia completano questo volume che non deve mancare nella libreria di
ogni autentico amatore d’arte.
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Recensione |
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