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Narrativa. La pratica del titolo finisce per diventare un personaggio a sé stante. In un ufficio, una pratica che non si trova rischia di trasformarsi in tragedia. Si vuole incolpare qualcuno dello smarrimento, senza esito. Si propone di inventarne una (come per il tenente Kize): ‘Se non l’ho vista, me la immagino’ (p. 143). Una storia divertente, con un linguaggio adeguato, sia per la composizione lessicale che per i nomi – alquanto particolari – o per l’ambiente: l’ufficio non è sempre uno dei luoghi più idilliaci, anche se vi si possono intrecciare vicende amorose. Talvolta si sfiora il grottesco, ma l’autore di questo arguto romanzo ci avvisa che, pur con una scrittura spesso figurata o ironica, il racconto è vero: e non stentiamo a credergli quando afferma che la realtà supera la fantasia.

Recensione
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