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L’Inquisizione a
Venezia
Saggistica. La
Santa Inquisizione fu istituita per combattere le eresie che in un certo periodo
storico minacciavano la religione ufficiale, senza capire che spesso ortodossia
ed eresia sono interpretazioni. Come si sa questo strumento repressivo arrivò ad
estremi esecrabili. Secondo il famigerato Nicolau Eymerich, autore di un manuale
per inquisitori, lo scopo di un processo con relativa condanna a morte non era
salvare l’anima della persona inquisita “ma terrorizzare il popolo”: il che
significa una contraddizione in termini.
Se nei vari stati l’Inquisizione agì
con minore o maggior durezza, a Venezia fu più mite, e questo, par di capire,
perché la Serenissima intendeva difendere i suoi concittadini, ma anche non
amava ingerenze che poi finivano per divenire politiche. La clemenza, se così
vogliamo chiamarla, era per esempio che a Venezia i roghi come spettacolo non
erano popolari, sicché si preferiva annegare “di notte in laguna” i condannati
al rogo. Ma generalmente gli inquisitori veneziani erano più disponibili, e
ugualmente si potrebbe dire di Padova, poiché grazie all’università le idee
avevano ampie possibilità di venir diffuse. Uno dei più efferati supplizi
perpetrato dal Santo Uffizio fu quello di Pomponio Algieri che per non aver
ricusato le proprie convinzioni luterane venne “bruciato vivo, dentro un
pentolone pieno di olio, pece e trementina” e ciò da parte di persone che
avrebbero dovuto seguire gli insegnamenti del Vangelo.
Ad ogni modo, anche con
la Inquisizione la Repubblica di Venezia si dimostrò di applicare le norme con
una certa tolleranza e, diciamolo pure, con buonsenso: la memoria rimane nel
tempo, fortunatamente, anche per le cose buone. Il volume fa parte della grande
storia illustrata della Serenissima e si presenta di notevole interesse non solo
per lo studioso.
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Recensione |
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