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Non cercar le parole

Poesia. In poco più di dieci anni sono numerosi i libri pubblicati dall’autrice, segno di una creatività che non concede soste. A ulteriore testimonianza questa recente raccolta che comprende quasi trecento poesie. Se andiamo a verificare ciascun testo ci accorgiamo di come l’ispirazione sia sostenuta dalla parola, che assume per la sua funzione un aspetto al limite ‘magico’, capace di riprodursi all’infinito in infinite soluzioni.

E i momenti lirici, là dove il testo si innalza per intensità espressiva, non si contano. Ciò significa che la scrittura viene affrontata con quella spirito che sa originare le varie forme senza timore di un tempo impietoso che sembra far fluttuare o disperdere i nostri pensieri portati sulla carta. Sono tante le intuizioni che scorrono in queste pagine e diviene problematico sceglierne qualcuna: in particolare è la natura spesso a evidenziare quei tratti che possono sfuggire al semplice osservatore, con la coscienza di capire il mondo e non venirne soggiogati: “Nelle ore sgretolate ai margini di un tramonto | vestito di pieghe porporine” — ci sarebbe veramente da meditare su questo passo, per la rilevanza concettuale che assume, non solo descrizione ma anche idea.

Talvolta il testo si amplia fino a divenire prosa poetica, non perdendo le caratteristiche proprie della poesia, e l’uso dell’anafora imprime nella mente, come una cadenza implacabile, il suo modello inventivo. La Pomina ha iniziato a scrivere a penna per dare a ogni lettera la propria identità: si concretizza dunque anche la profondità che la parola contiene fino a essere elemento di conoscenza.

Recensione
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