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Forbidden Prayers, Church Censorship and Devotional literature in Renaissance Italy

Censura ecclesiastica e letteratura devozionale nella prima età moderna

Fin dall’inizio del lungo processo di secolarizzazione, cominciato con l’Illuminismo, la chiesa cattolica romana ha lottato per reprimere le idee eretiche, responsabili della ormai centenaria de-sacralizzazione della vita pubblica, per mezzo della pressione morale esercitata sugli individui e sulle masse dalla censura ecclesiastica. Nell’analisi della metodica illustrata ne l’Archeologia del sapere (sezione 2.4), Michel Foucault ha indicato la logica discorsiva con cui l’Inquisizione romana, per salvaguardare la stabilità della chiesa come istituzione di potere, soppresse in modo prescrittivo le libertà fondamentali di artisti e uomini di pensiero e/o scienza, interferendo perfino sulla politica e sulle questioni culturali tramite la censura imposta al linguaggio. Come ogni istituzione autoritaria, anche la chiesa cattolica romana, che si è assunta la delega di amministrare spiritualmente la società tramite i suoi riti, ha concentrato tutti i suoi sforzi dottrinali nella creazione di un sistema di regolamenti e procedure, disciplinanti principi e interdizioni ai limiti della giurisprudenza, ideati per impedire ai singoli e alle collettività di acquisire lucidità culturale e intellettuale dei loro diritti, specie civili.

Gli uomini di scienza e i dissidenti religiosi, come Galileo Galilei, Martin Luther e Giordano Bruno, sono precisamente i liberi pensatori (e oppositori di tale indottrinamento dogmatico) che furono immediatamente individuati dalla chiesa censoria come potenziali e pericolosi pedagoghi delle masse, le cui idee ed azioni rivali andavano boicottate fino alle estreme conseguenze, anche a costo di esercitare una sorta di tirannia ex-Deo. La categoria delle idee, che sostiene ogni processo di censura, muove dal convincimento che l’errore sia negli altri, e non in sé stessi, nei propri dogmi e nelle proprie azioni. Tale convincimento ha origine nella fede assoluta, prima, nel valore delle scelte operate dal proprio gruppo di appartenenza, e, in secondo luogo, negli imperativi imposti dalle scuole di pensiero e/o organizzazioni a cui si aderisce in modo individuale, o tramite il proprio vassallaggio ideologico. L’“appartenenza” religiosa, come nozione fatta di debito morale (consenso) e prestazione d’opera (catechesi come crociata), è da intendersi sia come patto conseguito per libero arbitrio, sia come visione del mondo, assunta per tradizione coercitiva. Così, le convinzioni che motivarono le azioni dell’Inquisizione nascevano dal giudizio, ovvero dal pregiudizio, che ogni idea non sanzionata, diversa da quelle ritenute ortodosse, sulle figure, i testi, le autorità che ruotano intorno all’esegesi biblica e alla pratica ecclesiale, fossero da considerarsi “eretiche” e, pertanto, passibili di pena, ovvero meritevoli di essere tempestivamente sradicate sia dagli ambiti specificamente interni alla fede e alla chiesa, sia esterni, della società, per prevenirne la diffusione.

Questo è l’argomento di studio del volume monografico, Forbidden Prayers: Church Censorship and Devotional Literature in Renaissance Italy, di Giorgio Caravale, pubblicato nella sua edizione inglese nel 2011, con Ashgate Press. Il suo scopo è, in prima istanza, esplicativo delle prassi in vigore presso la Santa Sede in Roma, atte ad espurgare dai testi delle pratiche liturgiche le variazioni eterodosse, potenzialmente eretiche, introdotte nei vari moduli di prece dal linguaggio parlato e scritto delle confraternite religiose sparse sul territorio. Tali gruppi erano tenuti sotto controllo perché sospettati di corrompere le liturgie del Cattolicesimo ufficiale, introducendovi tracce di paganità popolare e/o germi ereticali, come ad esempio i principi del nascente luteranesimo.

Il volume mostra, storiograficamente, come i team di esperti revisori, che la chiesa di Roma impiegava per correggere i testi potenzialmente sacrileghi, fossero costantemente all’opera per stanare eresie ed eretici quali diretti avversari del potere vaticano. Le contaminazioni temute riguardavano gli innesti sulle preci sia involontari, dovuti a non contenute forme di irriverenza, sia volontari, determinati da elementi eterodossi desunti da ambiti dissidenti. Valutazioni capillari e rettifiche pervasive erano, pertanto, effettuate su elementi testuali che potesse determinare una deviazione dalla direzione dottrinale e teologica fissata dalle autorità ecclesiastiche. L’analisi di Caravale presenta in modo sottilmente politico lo spirito che animava la macchina censoria Vaticana sulle liturgie connesse alla celebrazione di messe e funzioni religiose pubbliche.

Nella prima parte del volume, viene illustrato come, durante il XVI secolo e l’inizio del XVII secolo, l’Inquisizione fosse alacremente all’opera, anche mediante l’Index Librorum Prohibitorum (dal papato di Paolo IV — Congregazione del Sant’Uffizio, Pauline Index, 1559, Parte II , Capp. 5-6-7-8 — a quello di Clemente VIII, nel diciassettesimo secolo - Parte III , Capp. 9-10-11), per individuare ogni variazione in lingua volgare italiana apportata ai testi ufficiali, ed eliminare, dai rituali della chiesa, ogni interpretazione ritenuta “superstiziosa” rispetto all’uniformità teologica pianificata per l’impianto liturgico (come in merito al “Pater Noster”).

Questa parte iniziale si connette coerentemente con quella conclusiva, in cui l’autore descrive l’assillo dottrinale della chiesa di penetrare all’interno della coscienza individuale (“preghiera mentale” come auto-censura), correggendo e redigendo i testi autorizzati delle orazioni dei fedeli in sede privata e collettiva, per realizzare la sperata uniformità liturgica dell’ortodossia cattolica.

Vale citare Galileo nella sua invettiva in versi contro le pratiche censorie degli ecclesiastici, descritti, sarcasticamente, come i massimi bigotti ed ipocriti del globo terraqueo:

E se tu vuoi conoscere i sciagurati,
uomacci tristi e, senza discrizione,
basta che tu conosca i preti e i frati,
che son tutti bontà e devozione
        (Galileo Galilei)

Il soggetto trattato riguarda un problema antico ed attualissimo in quanto sottolinea il paradosso del cattolicesimo della chiesa di Roma, la quale, mentre vanta un nesso diretto con l’apostolo Pietro, si presenta chiosatrice ossessivamente censoria della parola di Cristo, dimenticandone l’appello alla libertà (Pietro I.2.16). L’adesione piena al concetto di libertà del cristianesimo delle origini dovrebbe, infatti, iniziare ad essere il vero fulcro dottrinale della chiesa cattolica.

Erminia Passannanti
Brunel University

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