Cogito ergo De Curtis
Toto: “Signore si nasce e io, modestamente, lo nacqui”
Ornella Di Russo, appassionata di scrittura e letteratura, è autrice di poesie,
racconti, non ancora pubblicati, oltre che di cinema e teatro.
Ha approfondito il personaggio Totò, apparendo
in trasmissioni televisive di emittenti private locali. Ha recitato in
produzioni teatrali.
Per arrivare ad un’esatta definizione del fenomeno Totò, si deve
premettere che, la sua figura, nell’immaginario del nostro postmoderno
occidentale di inizio millennio, è stata per alcuni anni trascurata e limitata
nella considerazione critica, ma non certo per l'interesse da parte del
pubblico.
Nel periodo in cui visse, attraverso la sua esilarante comicità, il
principe raggiunse fama e successo, divenendo un punto di riferimento per la
generazione a lui coeva, per la maschera da lui coniata, per la mimica e
l'interpretazione scoppiettante.
COGITO ergo DE
CURTIS consta dell’introduzione,
Totò: nascita di un canone eterno della stessa autrice, di Vincenzo Peluso e
dell'intervento critico: Encomio del principe.
Totò, cresciuto nel rione Sanità di Napoli, non fu riconosciuto da suo
padre al momento della nascita.
Nonostante l'attenzione prestata su di lui, dopo
sacrifici e dure prove, continuò a difendere le classi, povere e disadattate.
Non perdendo l'entusiasmo, la comicità, si
distingueva per risultati inconfondibili.
Il saggio è suddiviso nei capitoli, La
sopravvivenza, L’ amore, Amicizia e complicità e La morte.
Ognuna delle suddette sezioni ha per oggetto
l’analisi di vari film, che si conclude con punti di vista e giudizi stimolanti.
In La sopravvivenza si analizzano i film
Miseria e nobiltà, a colori del 1954, diretto da Mario Monicelli e
Siamo uomini o caporali, in bianco e nero del 1955, regia di Camillo
Mastrocinque.
In L’amore si trattano le commedie
Totò e le donne, del 1952, regia di Mario Monicelli e Totò e Carolina,
del 1953, diretto dallo stesso Monicelli.
In Amicizia e complicità ci si occupa di
Guardie e ladri, del 1951, con la regia di Monicelli e de il
Camaleonte, del 1964, diretta da Paolo Heusch. Tutti i titoli citati sono in
bianco e nero.
In La morte l’analisi verte su Totò
all’inferno, del 1955, diretto da Camillo Mastrocinque; in questo film il
principe risulta in veste anche di sceneggiatore. Nella sezione è analizzato
anche Totò al giro d’Italia, commedia del 1948, diretta da Mario Mattòli.
La chiave interpretativa del libro è espressa
nel concetto, secondo cui il nostro avendo usufruito di un'influenza nel nostro
mondo, è divenuto un mito mass mediatico, accresciuto negli anni della sua
attività.
Le espressioni di Totò, sono entrate nel nostro immaginario collettivo,
emblema della nostra società multiforme, in ebollizione.
L'interprete, il clown dai molti volti, ha promosso uno stile di vita,
a tratti innovativo, rispettoso e divertente, malleabile e fermo nello stesso
tempo, risultato di una creatività poliedrica, simbolo della nostra atavica
miseria e nobiltà.
Molti imitano suoi atteggiamenti per documentare il contatto tra arte e
vita quotidiana.
Il comico napoletano ha influenzato il cinema italiano, lanciando
messaggi profondi, con insegnamenti di vita, che si adattano ad esponenti di
ogni classe sociale.
Fondamentale il sodalizio tardivo con Pier Paolo
Pasolini, che il nostro incontrò nel 1965, evento significativo nella storia del
cinema italiano.
C’è da mettere in rilievo, nell’ambito della collaborazione tra questi
due artisti, che Uccellacci e uccellini, 1965, fu una pellicola
girata in uno stato d’animo ricco di insanabile dilemma e malinconica
riflessione da parte del regista.
Pasolini con Totò produsse anche i
cortometraggi: La terra vista dalla luna (episodio del film Le streghe)
e Che cosa sono le nuvole? (dal film Capriccio all’italiana).
Questi titoli furono girati in rapida
successione nel giro di pochi mesi.
Sul set Totò interpretava ruoli assai diversi,
incarnando i’idea di una maschera surreale.
Nei suddetti lavori il comico non è
contraddistinto dalla sua consueta fantasmagorica carica divertente, che,
sotterraneamente, ha origine nel dolore.
Nel sistema Totò entravano, seppur in maniera molto flessibile, anche
il Futurismo, la paradossalità pirandelliana e il Crepuscolarismo.
La componente futurista si lega al teatro di varietà con Francesco
Cangiullo, Raffaele Viviani e altri.
La seconda componente si avverte attraverso la sua mimica
inconfondibile.
La terza è legata alla cultura napoletana con Rocco Galdieri, esponente
del Crepuscolarismo, creatore del genere della rivista.
Le strutture sociali mutano, il tempo passa, il
sistema sociale politico subisce continue metamorfosi, ma i lavori del comico
vengono riproposti, favorendo un'arte viscerale e tradizionale.
Nonostante tutto, il pianeta Totò sembra riproponibile con la sua unica
disciplina comica, generata da esilaranti battute, da mimica e espressività, che
fanno ridere, pur risultando semplici e immediate.
Un attore, la cui grandezza, per la duttilità, si può paragonare a
quella di Charlot, nonostante la loro intrinseca differenza, essendo vissuti in
momenti diversi, di cui sono inconfondibili l’approccio alla recitazione e alla
forma della stessa comicità.
Queste le basi che avviano un approfondimento critico sull'uomo, il personaggio,
l'interprete che, pur non avendo dato sempre il meglio di sé, resta un emblema
inconfondibile e inimitabile del nostro variegato mondo dello spettacolo.
Totò rimane
un'immagine che nessun prodotto artistico preconfezionato può eguagliare.
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