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Poesie 1973-2006
Alberto Cappi nasce a Revere (Mantova) nel 1940. E’ poeta, saggista e traduttore.
Il
volume che prendiamo in considerazione in questa sede include le seguenti
raccolte di poesie di Cappi: Alfabeto (Milano 1973), 7, (Torino,
1976), Mapa (Mantova, 1980), Per Versioni (Milano, 1984), Casa
delle forme (Udine, 1992), Piccoli dei (Faenza, 1994), Il sereno
untore, (Latina, 1997), Quaderno mantovano, (Mantova, 1999),
Quattro canti, (Faenza, 2000), Visitazioni, (Ascoli Piceno, 2001),
Libro di terra (Civitanova Marche, 2003), La casa del custode,
(Bologna, 2004), La bontà animale, (Faenza, 2006). Cappi è un
poeta dalla cifra originalissima, che ha attraversato ormai quattro decenni di
vita poetica, compiendo un percorso coerente, esito alto di una forte coscienza
letteraria, presente in lui fin dalla pubblicazione del primo libro di poesia
intitolato Passo passo, (Firenze 1963).
Con il passare degli anni, lo
stile di Cappi ha avuto una forte evoluzione, risultato anche di
un’assimilazione, da parte dell’autore, delle correnti poetiche che si sono
sviluppate in Italia, e non solo in Italia, nel corso degli anni. Il poeta,
negli anni Sessanta e Settanta, è stato influenzato da un certo sperimentalismo
filosofico, attento al pensiero d’oltralpe. C’è stato un momento di passaggio,
di mutamento nello stile e nella forma della poesia di questo autore: infatti
Cappi ha prodotto, inizialmente, come dice Mauro Ferrari nello scritto
intitolato Per Alberto Cappi, per la sua poesia, scritto inserito nel
volume, una poesia dispersa e frammentaria sulla pagina, disseminata a
livello di significante e opaca a livello di significato, poesia che,
all’avvio degli anni Ottanta, si è illuminata, gradualmente, di una nuova
trasparenza del dire, con un’urgenza di dare voce alla propria interiorità che
si depositava sulla pagina in un verso minimale, ma mai minimalista, e
musicalmente attentissimo, quasi ammantato di silenzio. Sono i versi
composti nei due decenni a seguire, davvero sussurri di chi non grida una
propria identità, ma punta su uno stile pacato come l’unico e forse ultimo modo
di comunicare che possa dirsi davvero umano, ridando senso a quella
parola tremenda che è “Io”, dietro la quale si avvertono sia un “Noi”, sa
l’alterità di un “Voi”, che va ricondotto a una paziente condivisione, con
amorevole Cura Il momento centrale dell’evoluzione dello stile di
Cappi, attraverso il cambiamento della forma, avviene nel passaggio dalla
raccolta Mapa, del 1980, ,al testo Per Versioni, pubblicato nel
1984; mentre fino a Mapa, la poetica di Alberto Cappi è vagamente
sperimentale, pur essendo distante da quella del Gruppo ’63, con Per
Versioni, la stessa poetica dell’autore approda a forme già più strutturate,
a poesie, nella maggior parte dei casi brevissime e caratterizzate da venature
filosofiche: è proprio la differenza della disposizione dei versi sulla pagina ,
il primo dato che balza agli occhi del lettore delle poesie nelle due fasi della
produzione di Cappi: infatti, prima di Per Versioni, le poesie
dell’autore sono costituite da sintagmi sparsi sul bianco de foglio in modo
irregolare; inoltre si tratta di poesie prive di nessi logici chiari e distinti,
anzi tendenti spesso all’alogico. A partire da Per Versioni, come si
accennava, si assiste ad un processo di normalizzazione della forma, che
consiste nell’uscire totalmente dagli sperimentalismi, con una produzione di
testi molto concentrati e anche oscuri nei significati, caratterizzati da
allitterazioni e assonanze frequenti. C’è comunque un denominatore comune che
caratterizza i due momenti del percorso poetico di Cappi: questo punto in comune
può essere individuato nella originalità di uno stile sempre controllatissimo e
levigato, del tutto privo della minima traccia di liricità. Da Per Versioni
in poi, Cappi produce testi sempre più strutturati e sempre brevi, per
giungere poi, nel 204 a La casa del custode,, raccolta costituita da
testi più estesi e più luminosi, meno oscuri.
E’ proprio Cappi che, in uno
scritto introduttivo, mette esaurientemente in luce le ragioni che sottendono la
scrittura di La casa del custode; Così scrive Cappi: La casa è il
libro, il custode il poeta. A partire dalla casa si dipana un’erranza, la
scrittura. Le si accorpa la storia. Sulla pagina viaggiano i tempi, l’esilio, la
guerra, le luci nucleari, le schegge dei terroristi, i lacerti d’umanesimo, i
resti, le utopie di massa, i silenzi del dopo, il dopo delle spente fedi Le voci
che qua e là tendono le onde sono del testo, del Dio, degli umani degli eventi
che indicano un fato Alla casa, infine, torna la vita, la consegna che il segno
fa della memoria,
C’è nell’evoluzione della poesia di questo autore un processo per cui la
versificazione si fa ,di raccolta in raccolta, sempre più distesa, affidandosi
sempre più al potere della sintassi: quindi gradualmente, con il passare del
tempo, la poesia di Cappi diviene più chiara e limpida, più immediata e meno
criptica, comunicando sempre più con immediatezza con il destinatario, con il
lettore, divenendo, nelle raccolte più recenti persino prosastica e colloquiale.
Con la sua poliedrica attività, questo autore può considerarsi uno dei più
importanti poeti dell’attuale panorama italiano, pur essendo per sua natura
schivo e fortemente radicato nel microcosmo della sua Mantova.
Da Per Versioni
Nelle acque
primeve
occhio polla
coppia culla
bocca bolla
nulla
la di dio
sillaba del do
L’emersione
sterco covo
sparo cavo
seme uovo
avo
da di ala
cantico del tuo
L’ordine
palmo doglia
pianto faglia
patto soglia
ciglia
la di era
titolo dell’ovo
Da La casa del
custode
Il fuoco dei
profeti
Tu sei la
scheggia che ferisce il canto,
il graffio
sulla roccia che acque
libera ai
sogni. Il fiume ha la secca
tosse del
fulmine e accende la sete
delle nubi.
Il Cane ha già
morso le stelle, uggiola
ulula nelle
trame dei venti. La pianura
è muro e suono
che la voce inonda.
“Non ricordare.
I giochi sono persi.
nel letto dei
torrenti, la terra è scesa
in se stessa,
ora abitate il cielo”.
Le navi
partirono al mattino tra
il brivido dei
pruni Uni e altri nel
lamento
spensero i lupi della mente.
Tu infiamma la
mia visione, sei
il
fuoco dei veggenti.
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Recensione |
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