| |
Ricordo di Alfredo Giuliani
|
|
Nella vicenda letteraria italiana, sono i Novissimi che si
sforzano di decentrare l'io poetico (l'io tronfio e delirante di vecchia
memoria), attraverso l'esercizio di un'intelligenza non mistificatoria.
Un'intelligenza lucida, che non rinuncia affatto a perseguire la letteratura, ma
pretende di farlo in un modo intellettualmente accettabile; riportando sulla
scena della letteratura un'esigenza etica che si era usurata e consumata nel
dopoguerra e parlando addirittura di necessità del fare poesia, nella volontà
di rifondare una civiltà letteraria come quella italiana, impastata di
malintesi e di cattiva coscienza. Che poi questo ambizioso progetto sia
riuscito a tutti, è un altro conto; ma, certo, si è trattato di un progetto di
grande rilievo e di notevolissimo livello. E l'anima intelligente ne è stata,
senza dubbio, Alfredo Giuliani. Proprio perché, in lui, intelligenza e talento
si bilanciano in quella composizione di forze che, come diceva Barthes, è in
grado di dare forma letteraria all'idea. E' un fatto che non si può non
sottolineare, parlando della "scrittura" di Giuliani: una scrittura sempre
letteraria, anche quando ha le forme di un saggio o di una recensione. Campo di
una letteratura che nasce dalla letteratura stessa, viaggio attraverso i
percorsi della parola. I saggi di Giuliani, Le droghe dì Marsiglia e
Autunno del Novecento, sono specchio delle poetiche e
poetica essi stessi. All'insegna di quel vincolo
di necessità della letteratura di cui si diceva.
C'è,
nella scrittura di Giuliani, sempre "un dialogo ritmico tra le parole"; parole
che pensano se stesse e che si attraggono e si respingono. E questa
straordinaria virtù, naturalmente, appare come evidenziata nella sua poesia. Per
la potenzialità stessa della poesia; perché, come riconosce nella sua
consapevolezza critica lo stesso Giuliani, "la poesia sa di poter concentrare in
sé, virtualmente, una significanza profonda e anche una possibilità di gioco con
i colori e con il corpo delle parole".
La
ricerca verbale, nello spazio particolare della poesia, si svolge tanto in senso
verticale, nella frammentizzazione analitica della parola,
quanto in senso orizzontale, nell'estensione del
tratto linguistico. Due sensi di marcia secondo i quali Giuliani ha proceduto,
in questi anni, contemporaneamente. Tra le ultimissime raccolte Poetrix Bazar
è la prova massima e ricapitolativa, in un certo senso la summa dell'opera
poetica di Giuliani, e non inganni il limitato numero delle poesie lì raccolte,
perché si tratta in realtà della miniaturizzazione di un vasto e lungo lavoro
condotto dall’autore sul verso. Anche nei testi più recenti, Giuliani appare
uniformarsi a quel fortissimo senso della forma o dell'efficacia formale della
poesia che è uno degli assi portanti della sua formazione estetica o, se si
preferisce, della sua poetica.
Giuliani, tra i più tenaci e rigorosi sperimentatori di circuiti inediti del
discorso poetico è tra i più profondi indagatori della scrittura poetica e
testimonia nei versi di Poetrix Bazaar un ulteriore passo in avanti,
nella definizione puntuale della "sostanza impossibile" attraverso la quale il
poeta si determina come soggetto parlante/scrivente. Il godimento della lingua
che struttura la lingua stessa, nello specifico del "maneggiamento poetico"
delle parole, è uno dei riferimenti dell'esperienza di Giuliani e, forse, la
cifra stessa della sua scrittura poetica. Tanto nella direttrice delineata in
verticale, secondo l'altalenante successione di consapevolezza-inconsapevolezza,
attività-passività, del soggetto parlante/parlato; tanto nella direttrice
delineata in orizzontale, sulla scia dilagante della scrittura agente/agita.
"Una
poesia è vitale", ha scritto Giuliani, "quando ci spinge oltre i propri
inevitabili limiti, quando cioè le cose che hanno ispirato le sue parole ci
inducono il senso di altre cose e di altre parole, provocando il nostro
intervento; si deve poter profittare di una poesia come di un incontro un po'
fuori dell'ordinario". Ecco, la stratificazione della poesia; ecco, i fondali
profondi della poesia; ecco, la successione dei piani, la linea a spirale.
Raramente, c'è una piena corrispondenza tra gli assunti teorici e le prove
effettuali come accade per Giuliani. I risultati sulla pagina, divaricati
nell'architettura dello spartito musicale, sono sicuramente tra i più
significativi della poesia di questi anni. Costituiscono un punto di
riferimento per i più giovani, una somma di esperienze decisive da cui i più
giovani hanno imparato molto. Nei suoi libri di poesia, a dispiegarsi sulle
pagine sono partiture musicali (e non solo, per esempio, quelle della prima
sezione della raccolta Poetrix Bazaar), secondo una variazione costante
che dal tono angosciato slitta a quello divertente-divertito, alternando quadri
compositi fino al polittico e singole tavole minime fino alla tabella, e
mescolando dramma e farsa, tragico e comico, da “Pensando a Emily”
allo scherzo delle sorelle agonine, per arrivare allo sciabordante scioglilingua
finale “Caro mercato di paese antico”. Ma, si sa, per Giuliani l'anarchia del nonsenso è
stimolo creativo, e ha continuato ad esserlo. "L'insensatezza", ha scritto, "è
un mero contenuto del nostro mondo: qualcuno se ne servirà per
manifestare la propria insensibilità o un comodo cinismo; per altri sarà
l'unica possibile e sofferta soluzione
stilistica. Il non-senso è divenuto un materiale
iconico, come le madonne e gli angeli delle antiche Annunciazioni".
In
particolare, testi come le stesse Partiture, oltre a testimoniare
l'inarrestabile slittamento del linguaggio al grado dell'insensatezza, sono le
forme che pure dichiarano quella sorta di rifondazione della poesia di cui
Giuliani si fa portavoce. Prima di tutto come "mimesi critica della schizofrenia
universale, rispecchiamento e contestazione di uno stato sociale e immaginativo
disgregato". Ma anche, e direi soprattutto, come reinvenzione di
un'identità formale della poesia. Nella specie di una ricomposta "scatola
sonora", capace di nuovo di legare in un'orchestrazione le sue armonie e
disarmonie; in una musica dodecafonica, frutto di una sapiente regia
metrica e tonale. E non si può certo trascurare il patrimonio specificamente
metrico della poesia di Giuliani: nella ripresa di forme tradizionali (come la
canzonetta o il madrigale) dentro la struttura polifonica di un nuovo libretto
d'opera che ha messo a frutto l'energia ritmica della tradizione e l'armonia ardita
delle avanguardie.
Volendo poi parlare
dei pezzi forti dell’ultima produzione, sono a rispecchiamento quasi di
contrasto Il badante di Eraclito (nel segno della complessità
architettonica) e Poesie per il mio cane (nel segno della semplicità più
lineare), si può dire che testimoniano oltre alla grande umanità di Giuliani
la sua formidabile attrazione per la musica. Il suo orecchio di musicista fa
preferire all’autore una musica di suoni nuovi, di ritmi che individuano anche
le dissonanze, la possibilità di piegare gli strumenti a suoni imprevisti e a
forzare la gamma. Uno dei problemi della
musica contemporanea è stato l'esaurimento delle combinazioni. Si
potrebbe dire la stessa cosa della poesia.
|
Alfredo Giuliani (foto
by Dino Ignani) |
Cenni biografici
Alfredo Giuliani
(Mombaroccio, 23 novembre 1924 – 20 agosto 2007) è stato uno scrittore, poeta e
critico letterario italiano, appartenente al Gruppo 63. Alfredo Giuliani si
laureò in filosofia nel 1949 e fu docente di storia della letteratura italiana
moderna e contemporanea presso la Facoltà di Lettere dell' Università di Chieti.
Negli anni '50 iniziò ad occuparsi, come critico militante, della rubrica di
poesia sulla rivista "Il Verri" e continuò con impegno questa attività fino al
1961. Tutte le recensioni che sono apparse sulla rivista sono state pubblicate
nel 1965 dalla casa editrice Feltrinelli con il titolo Immagini e maniere. Nel
1955 venne pubblicata la sua prima raccolta poetica dal titolo Il cuore zoppo.
Fece parte del Gruppo '63 e nel 1961 curò la pubblicazione dell'antologia I
novissimi, uno dei testi fondamentali della neoavanguardia, nella quale sono
raccolte molte delle sue poesie accanto a quelle di Edoardo Sanguineti,
Elio Pagliarani, Antonio Porta (Leo Paolazzi) e Nanni Balestrini. Fu direttore responsabile della rivista del
Gruppo '63 "Quindici" fondata a Roma nel 1967 e collaborò al quotidiano "La
Repubblica" e alle riviste "Il cavallo di Troia", "Testuale" e "Gradiva". Le
opere: Poesia Povera Juliet e altre poesie Feltrinelli, Milano 1965; Il tautofono Scheiwiller,
Milano 1969; Chi l'avrebbe detto Einaudi,
Torino 1973; Versi e non versi Feltrinelli,
Milano 1986; Saggistica: Le droghe di Marsiglia
Adelphi, Milano 1977; Autunno del '900 Feltrinelli,
Milano 1984; Romanzi: Il giovane Max Adelphi, Milano 1977. (da
Wikipedia)
| |
|
Materiale |
|