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Breve dissertazione sull'arcana natura del bello e del piacere estetico

pontifex.roma.it

Tutti sanno che il "Bello" è l'oggetto fondamentale dell'estetica. Ma cos'è esattamente il Bello? e cos'è che produce il piacere estetico? Questa domanda sembra ovvia, ma in realtà è una di quelle cui è difficile dare una risposta soddisfacente, perché al piacere puramente estetico si sovrappone l'emozione suscitata da ogni contenuto, così che questa viene spesso confusa col piacere estetico; e inoltre perché il Bello si può trovare nella creazione artistica (o artigianale) ma anche al di fuori di noi, e quindi essere riconosciuto anche nella contemplazione passiva della natura. Siamo soliti infatti usare la stessa parola per tutte le attività dello spirito, sia che si contempli al Louvre una Gioconda o, durante una scampagnata, un bel paesaggio naturale; ma anche se si è appena scritto un bel verso o appena scolpita... la Pietà michelangiolesca, o trovata la soluzione di un problema, o costruito una bella teoria scientifica; e tutte queste nostre rappresentazioni, o immagini... ... della realtà, che sono attività dello spirito, sono sempre accompagnate da un certo grado di soddisfazione la cui natura sembra appartenere alla sfera estetica, dal momento che usiamo la stessa parola per descriverla: cioè "Bello".

Ebbene, non sono un filosofo né un tuttologo, quindi posso sbagliarmi, ma non mi pare che molti abbiano cercato di spiegare il meccanismo biologico né l'origine di un'attività dello spirito così comune e generalizzata. Peraltro, se in noi esiste una forza che ci spinge a organizzare secondo un determinato ordine, cioè un linguaggio, i materiali sensibili che ci giungono dall'esterno o quelli di natura emozionale che premono dall'inconscio, e ad usare l'attributo di "bello" ad operazione riuscita, vuol dire che l'idea di Bello è innata e antichissima, forse pre-esiste allo stesso genere umano, forse si è formata ai tempi dei tempi durante l'incubazione della materia vivente. E' appunto quello cui vorrei pervenire con queste riflessioni; le quali potrebbero spiegare anche come mai una sola funzione biologica gestisca sia il Bello contemplato passivamente che quello creato da noi stessi, e persino come mai talvolta è percepito come "bello" addirittura il brutto, l'orrido, il mostruoso.

Noi diamo dunque l'attributo di "bello" a tutte le immagini del mondo che siano accompagnate almeno da una certa soddisfazione, la quale si manifesta sia quando contempliamo un oggetto (funzione conoscitiva), sia quando si concretizza nella nostra mente un'idea oppure realizziamo fuori di noi, nella materia, un'opera del pensiero, artistica o scientifica (funzione creativa). Non si dimentichi che tale piacere estetico si accompagna proprio a tutte le attività dello spirito, creative o contemplative, arti eccelse o artigianali, come anche alla vista delle cose della natura; un mobile, un tappeto, un albero, un paesaggio sono belli indipendentemente dal fatto che li abbiamo, o no, modellati noi stessi. Sembra dunque che l'attività dello spirito sia la creazione nella nostra mente (e secondariamente, ma non necessariamente, anche sulla carta o sul marmo) di un'immagine ordinata secondo una sintassi di parole, di linee geometriche, o di note, cioè un codice, un linguaggio; ed è proprio questo lavoro di ordinamento che ci procura il piacere estetico. Nessuno infatti prova piacere a contemplare il caos, perché ciò comporterebbe fatica, inquietudine, o paura; l'ordine invece dà riposo, sicurezza, gioia, insomma è bello. Sembra proprio che l'ordine (sinonimo di armonia) sia cercato avidamente da tutti gli esseri viventi - anche se in modo speciale dall'uomo - in natura e nelle proprie opere, come un nutrimento assolutamente necessario; è quindi giocoforza concludere che l'idea di ordine, e quindi di bellezza, sia indelebilmente inscritta nell'uomo e negli animali, congiunta strettamente a quel tipo di piacere che non può essere chiamato in nessun altro modo che estetico. Ebbene sì, ma sotto quale forma o sostanza si trova quest'idea di Bello? e in quale parte anatomica? e per quale oscura finalità ci è stata data da Dio o dalla Natura?

Noi suggeriamo che questa idea innata sia il ricordo ancestrale di quando l'ordine fu inscritto e fissato nei geni del DNA agli albori della vita, nel momento esatto in cui nel "brodo primordiale", per la prima volta, molecole semplici e non ancora vitali si unirono legandosi chimicamente e fisicamente fra loro, per caso o per intervento divino, in quell'unico modo che gli fu consentito dalle leggi fisiche dell'ambiente e dalla presenza di valenze chimiche, cioè saldandosi atomo ad atomo e molecola a molecola per formare la prima organizzazione vitale. Fu l'atto di fondazione di un ordine fortunato, anche se obbligato dalle univoche leggi chimiche di aggregazione, e destinato ad allargarsi a macchia d'olio estendendosi a organizzazioni sempre più complesse e articolate, cellule, organismi pluricellulari, e infine all'Uomo. Prima era il Chaos; poi fu l'Ordine, la luce della vita.

Ciò che dunque distingue la vita dalla non-vita, la vita dalla casualità del Chaos, è nient'altro che l'Ordine. L'Ordine è il nocciolo del nostro essere, il software, il programma che sotto forma di DNA si è mantenuto fino a noi attraverso l'evoluzione riproducendosi da individuo a individuo. Infatti, poiché l'intero organismo è costituito da molecole unite secondo le stesse leggi chimiche esistenti alle origini, nessun organismo può sottrarsi al bisogno insopprimibile di un ordine che segua quelle leggi, e perciò è costretto dalla propria fisiologia a riprodurlo continuamente e con ogni mezzo intorno a sé. Nel caso dell'Uomo, infatti, tutto ciò ch'egli dice o fa obbedisce alle leggi dell'ordine; anzi, nel momento ch'egli dice o fa, in realtà egli sta sempre ordinando in qualche modo la materia, dato che non può fare altro che ripetere nel suo ambito più grande ciò che hanno fatto le prime molecole del Pianeta nel loro ambito più piccolo. Nell'uomo l'ordine e l'armonia sono diventati addirittura oggetto di ricerca consapevole e spesso spasmodica; ma una simile ricerca è osservabile anche negli animali: ogni atto della loro vita è infatti, seppure inconsapevolmente, improntato ad un ordine ferreo che spesso sfugge all'osservazione dei profani, ma non a quella degli etologi. Tuttavia anche un buon amico degli animali è capace di riconoscere l'ordine che sottende ogni loro atto quotidiano e ogni loro relazione intra- ed inter-specifica. Basta ad esempio pensare all'inquietudine, o addirittura al terrore, che coglie il gatto di casa quando viene portato in un luogo sconosciuto in cui non ritrova più l'ordine a lui familiare, quello che in casa propria aveva a poco a poco interiorizzato fin dall'infanzia formandosi una stabile e sicura immagine del mondo attraverso una serie di caute esplorazioni ed esperienze, cioè di atti conoscitivi. Per loro un ambiente sconosciuto è come il Chaos, una materia informe e potenzialmente pericolosa che impone loro di organizzarne al più presto la conoscenza conformemente all'ordine innato nel loro stesso organismo, un'operazione assolutamente necessaria perché finalizzata al mantenimento della vita.

Ogni atto conoscitivo è dunque un atto squisitamente creativo e consiste, kantianamente, nell'organizzare la materia del mondo secondo l'ordine esistente nelle nostre stesse strutture molecolari. E' quest'innata idea di ordine, che ci induce a percepire come benessere (compiacimento, piacere estetico) ogni cosa che la ricordi e la ripeta, inducendoci ad applicarle l'attributo di bello. E' ancora quest'innata idea di ordine che, trasfigurando l'orrido e il mostruoso, ce li fa percepire come "esteticamente belli", al di là dell'emozione sgradevole che essi possano suscitare. E' dunque una nostra necessità biologica cercare ovunque nell'universo meravigliose manifestazioni coerenti di ordine, di armonia, di bellezza: precisi moti di stelle, geometrie di cristalli, armoniose proporzioni dei corpi; o esaltarci nella creazione di sempre nuove architetture del pensiero in una ricerca mai sazia che noi crediamo del Vero, ma in realtà è soltanto affermazione dell'ordine interiore che governa le nostre molecole e le nostre cellule, i nostri organi e le nostre funzioni, e che ci assicura la vita. Per estensione, sono una necessità vitale dei poeti anche gli accostamenti, le metafore, le immagini in cui essi cercano di racchiudere il mondo e che sembrano essere fine a se stesse, ma il cui vero motore è in realtà l'anelito della sostanza vivente a rappresentare il mondo che ci circonda esprimendo e propagando all'esterno l'ordine molecolare che ha in sé. In un campo prettamente biologico, è anche l'anelito che spinge ogni essere vivente a propagare il proprio io e la propria specie con la riproduzione sessuale: ecco un altro istinto rassicurante e consolatorio capace di cancellare il timore dell'annullamento ed esorcizzare il nostro ritorno nel Chaos. Finché c'è ordine (e bellezza, diciamo noi) c'è speranza.

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