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Dalla contrada agli universi. La poetica di Ermellino Mazzoleni

In questa pubblicazione dedicata allo straordinario poeta Ermellino Mazzoleni, Carmelo Consoli, poeta, saggista, critico letterario e d’arte, operatore umanitario e molto altro, ne ha sintetizzato al meglio la vita e la poetica, la profonda interiorità, l’immensa cultura, l’affresco multicolore di un’esistenza immersa nell’incanto-brivido dell’ispirazione, nel saper cogliere il messaggio appeso ai giorni, sempre con profonda umiltà e allo stesso tempo saggezza.

Arduo ricreare in modo diverso un’atmosfera già consolidata dalla sapienza critica di Carmelo Consoli. La sua amicizia con Ermellino, certamente lo ha aiutato nella ricerca di notizie importanti sulla sua vita, negli accadimenti essenziali caratterizzanti il suo porgersi in poesia nello studio dei grandi poeti del passato, nei rapporti affettivi e di conoscenza dei poeti contemporanei in intreccio di legami solidi e culturalmente stimolanti con alcuni, con altri in amicizia pura condivisa in vita con Lucia, sua sposa angelicata, sua musa e sua donna nel senso più allargato del termine che gli è stata costantemente accanto nell’importantissimo cammino poetico, nella scoperta di un quotidiano talvolta abbracciante il sogno.

Carmelo Consoli ha fatto un eccellente lavoro di analisi partendo dall’amore viscerale di Ermellino per la sua Valle Imagna, per la sua stirpe dal dialetto asprigno, amore coinvolgente nella descrizione dei luoghi e dei paesaggi, dei personaggi, in alcuni casi elevati a mito. Racconta dell’incontro con Lucia, del vivere intellettuale e umano, del fratello Aloisio, poeta segreto e quasi angelo custode, quando la sposa Lucia scompare dopo l’accanimento straziante e senza speranza della malattia che l’aveva colpita.

Vengono elencati a volte con dovizia di particolari, quasi appunti di diario amici cari, collaborazioni a riviste come Ciàcere en trentin, UCT e altre con saggi, racconti pubblicati, il legame con il Trentino attraverso il Cenacolo diretto da Elio Fox, studioso dalla vasta cultura, descrive la particolarità e il valore poetico di alcuni poeti e poetesse del gruppo e non. Una moltitudine di nomi si alterna nella vita di Ermellino Mazzoleni, nella sua costanza di ricerca: particolare e a lui cara l’amicizia con Biagio Marin il poeta di Grado che ha saputo fermare in poesia un dialetto dalla musicalità affascinante e rara.

Impreziosisce lo scorrere delle pagine di questo libro, l’inserimento di brani tratti dalle varie raccolte del poeta bergamasco, versi che intrigano e che per chi ha letto tutto il cammino poetico di questo splendido autore, come nel caso di chi scrive, riporta alla vita emozioni e brividi di commozione.

Da Cantare:

Siamo arrivati, mia sposa Lucia, / alla nostra valle d’erba, insieme impariamo l’odore / della contrada, la musica / d’ocarina stonata e il cielo / immenso come la conoscenza.
E da Spusa salveregina del mar:
Ti racconto la mia valle, metà sole / metà inverno, con le case di pietra / e nelle cucine i secchi di rame.

Da I salmi del silenzio:
Dimoro nel bosco di lucertole / e funghi, respiro il fiato delle foglie, / il mutare di funghi e farfalle. / Ѐ mia madre il bosco, …

Carmelo Consoli fa della poetica di Mazzoleni un’analisi chiara scavando nella sua profonda umanità, nel suo saper usare il linguaggio “in anarchia lessicale e sintattica che sembra produrre un effetto di nobilitazione semantica e che si accompagna a un incremento della carica emozionale dei versi”. Doverosa questa citazione di Consoli, ma tante altre si potrebbero riportare. Questo è un libro da leggere per chi ama la poesia di Ermellino. soprattutto per chi non conosce a fondo la sua produzione.

Il poeta e critico Carmelo Consoli riesce con maestria a tenerti per mano in un cammino di vita di grande suggestione, è guida sicura nei meandri di un’anima ammaliante, di un’anima incantevole nel sussurro e nella dichiarazione della parola, parola che riesce a plasmarsi quasi miracolo d’artista mai arreso all’uso e alla rigidezza di alcune regole. I suoi saggi sui grandi poeti apre all’appassionato orizzonti nuovi come quelli sulla grande poetessa Emily Dickinson e su García Lorca.

Di Emily questi versi da brivido: Non sappiamo di andare quando andiamo. / Noi scherziamo nel chiudere la porta. / Dietro, il destino mette il catenaccio, / e non entriamo più.

E di García il celeberrimo: Alle cinque della sera. / Erano le cinque in punto della sera. /Un ragazzo portò il lenzuolo bianco / alle cinque della sera. / Una cesta di calce era già pronta / Alle cinque della sera. / Tutto il resto era morte e solo morte.

Importante la simbologia dei numeri nelle opere di Ermellino e impossibile in questo contesto analizzarla totalmente, come impossibile parlare delle sue raccolte nella loro pregnanza di messaggio. Poco corretto anche sarebbe ripetere quello che magistralmente ha scritto l’autore di questa ricerca in uno scavo completo e a volte inquietante nella pesca dei versi. Si può solo citare “La contrada della luna gobba” con i suoi sette giorni di neve richiamante i sette giorni della creazione.

A questo proposito è necessario parlare della religiosità di questo tenero e rude poeta di Bergamo che in ogni sua opera è spesso in costante, adorante dialogo-battibecco con Dio, in provocante richiesta del perché di questo nostro cammino terreno.

Quando lessi in un giorno di neve, ancora su cartaceo e battuto a macchina il poemetto “Màder”, speditomi per posta, ricordo che rimasi abbagliata per la sua bellezza, per quei versi scritti in bergamasco, perle preziose, fra quelli altrettanto illuminanti e pregevoli scritti in italiano.

Dopo “Màder” del 2022, (Lucia ne aveva desiderato e incentivato con tutta sé stessa la pubblicazione) ci furono cinque anni di silenzio.

Il dieci aprile 2004 Lucia Iannucci Mazzoleni muore lasciando un vuoto incolmabile.

Ermellino scrisse solo dentro di sé parole di silenzio, finché nel 2007 sbocciò lo straordinario cantico “Aspettami al quinto punto cardinale”. Dalla sua valle Imagna la poesia di Ermellino approda al cosmo in un carosello di messaggio d’amore straordinario e suggestivo. Riporto solo un passo:

Aspettami al quinto punto cardinale / là verrò a trovarti con un violino / di pioggia, col gelsomino che odora / il lunistizio di maggio. Ti porterò / nelle mani l’ultimo ribes di mare / e quattro stelle d’alga che sanno / l’abisso e l’infinito. Ti suonerò / alla ghironda la ninna nanna / al modo delle antiche mandriane.

Per il poeta, dopo questo Cantico che io considero un capolavoro, iniziano le stagioni delle “Laudi” la necessità di uno scavo interiore profondo, di domande che a volte rimangono senza risposta in continuo dialogo tra religione e laicità. Carmelo scrive, e condivido pienamente quanto dice, a proposito di “Madonna che non conosco” (la Madonna è la Madonna della Grotta del Santuario della Cornabusa): “La Cornabusa viene rappresentata non nella stretta osservanza religiosa, bensì attraverso quella più ampia della pietà popolare…” e ancora: “ Il poeta canta contemporaneamente la Cornabusa della devota, della strega, del bosco, dell’angosciata, della notte e dell’emigrante, della montagna e della madre, del falò e del pellegrino senza distinzioni e privilegi.” Illuminanti le annotazioni di Consoli di tutte le raccolte di questo eccezionale poeta.

“ La notte fiorisce. Anch’io nel vuoto / nido di siepe delle cardelline.”un dittico che la dice lunga sulla vastità di messaggio del poeta Ermellino.

Di: “Lauda al Cristo di Valsecca” riporto il passo dove vengo citata perché non potrei inventarne un altro all’altezza dell’analisi perfetta di Consoli: “L’amica Lilia Slomp parla in un suo scritto su questo libro di magia della musica, fascinazione del significato, mitizzazione della Valle, ma anche del travalico del tempo, della fantasia, della memoria collettiva, del senso stesso dell’andare.

Stiamo giungendo alla fine di questo mio pensiero sullo scavo notevole nella sua preziosità che l’autore ci ha regalato sulla poetica di Ermellino Mazzoleni.

Dopo la splendida lauda “Salve regina del mar” di cui all’inizio ho citato alcuni versi, il poeta ci regala altre due impegnative e coinvolgenti opere: “I salmi del silenzio” e “I salmi dell’aurora”. Non aggiungo altre parole a quello che ha scritto Carmelo Consoli perché risulterebbe unicamente ripetizione e comunque lo spazio in questo contesto non lo consente. “I salmi del silenzio” anche per me è capolavoro assoluto, testamento spirituale nella comunione di anima e di corpo, di immersione dal piccolo cosmo agli universi, nel denudamento di un’anima che consciamente si spoglia nelle quattro sezioni che lo compongono: “Quando Dio sognò la rosa” – “Ospite del blu” – “Il cantico dell’essere” – “I salmi del silenzio” che presta il titolo all’opera.

Il libro “Dalla contrada agli universi” si conclude (ci sarebbero altre citazioni importanti su altre raccolte) in un trionfo di canto dei “I salmi dell’aurora” dove il dialogo con Dio e l’ombra oscura della morte si fa sempre più fitto. Il nostro autore rifugge i fingimenti, ha il coraggio della propria parola da un Preludio intensissimo nella conta dalla prima aurora all’ultima con un canto di Alleluia che scuote la mente e il cuore in unico respiro di lode a Dio. Il tempo di riprendere fiato per l’ultima parte della raccolta sbocciante in un Cantico di risurrezione travolgente, impetuoso come tempo imbavagliato e impazzito nella corsa: “Io sono altro da me / divengo ladro e usignolo, / vescovo e ribes. Anima / e vuoto, ho mille volti, / ho mille nascite e mille / morti, ho mille ritorni.

Grazie a Carmelo Consoli per questo suo puntiglioso, innamorato percorso di analisi, di penetrazione nell’anima poetica di Ermellino Mazzoleni, saltimbanco sapiente di parole, giocoliere di silenzi parlanti che continuerà a navigare dalla contrada agli universi finché avrà fiato, che continuerà a numerare in codice segreto e ammaliatore lune e stelle, petali e foglie, uragani e arcobaleni, il detto e il non detto sul mistero dell’eternità.

lunedì 23 gennaio 2023

Recensione
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