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Meriterebbe una più accurata, approfondita osservazione la prefazione del
libro. La professoressa Tamás-Tarr Bonani, titolare della Casa editrice, in
effetti, più che con una prefazione, è con una dissertazione, quasi
un’accademica prolusione, dai contenuti elevati, che sollecita il lettore. Lo
predispone a degustare, letteralmente, un’esternazione artistica lodevole.
Il
tema amoroso trattato è struggente. Schietto sentimento d’un uomo elargito
alla sua donna, amante-moglie-anima pura, precocemente defunta. Non è la
riproposta del dolce stilnovo proprio per il fatto che la donna,
nell’occasione, non assurge a vacuo simbolo spirituale sic et simpliciter,
idealizzato. Bensì la donna è entità realmente sovrannaturale. L’Angelo
prende forma non dall’idealità del corpo, irraggiungibile, intoccabile, ma
corrisponde ad un amore vicendevolmente vissuto, prima; eppoi sublimato nel
ricordo effettivo.
“E ora sei là... dove nessuno può tornare” (p. 17), che
titola sia la silloge che la relativa poesia, è un rimando all’eternità.
Richiamo alla luce, visto che il buio costituisce costante presente
dell’autore: “...1’Angelo della Sera distende un’ala” (Nell’ora del
vespro vaga..., p.18). La metafora d’un incommensurabile amore diviene
realizzazione estetica già nell’osservazione elementare dei ciclo clastico
della Natura: “L’oro spoglio dell’autunno incipiente | trèmula sui
rami” (p. 28). Circostanziata scaturigine dell’ulteriore riflessione che
proietta la sguardo (leggasi: la mente) “oltre le cime dei cipressi. | Per
cercare te... | Per volare da te... | Nel sole!” (p. 29). Eccola la luce, così
la ritrova il poeta.
In “Tanti e tanti anni fa...” (pp. 24 e 25) Pennone si
afferma parafraste di Edgar Allan Poe – da “Annabel Lee”. Il gesto, emulo
dell’eccellente letterato, è emblematico del privilegio col quale un
marito-poeta innamorato pazzo della sua donna-moglie defunta cerca di renderle
adeguato omaggio.
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Recensione |
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