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La poesia come creazione e conoscenza del molteplice

Scrittura poetica e funzione estetica

Mentre le forme d’arte visive e musicali raggiungono l’anima ed offrono gratificazione estetica per vie immediate, non sempre, oppure niente affatto razionali, che si traducono in conoscenza diretta di armonia, di piacere, di bellezza, partecipando subito al mondo delle idee dell’autore, senza intermediari linguistici, attraverso codici intuitivi o suono puro, la poesia, utilizzando i segni della scrittura, poche, semplici unità grafiche, nella varietà pressoché infinita delle combinazioni possibili, ottiene per sintesi-addensamento o per espansione, identità percettive riproponibili e rifruibili all’infinito, in quell’unica luce primitiva del pensiero universale, aperto verticalmente a conoscenze di chiarori sensibili e vitali.

Nell’avvertire la fragilità dell’esistenza, l’ineguaglianza reale (o forse apparente?) dei diversi destini umani, l’intellettuale con la speculazione dell’ingegno e dello studio, e la creatura immersa nella pratica quotidiana, attraverso l’etica spontanea, semplice ma essenziale, del buon senso comune, cercano, pur tuttavia, nella stessa direzione: identità, armonia, diletto, fecondità, vicinanza con l’assoluto.

Ma a chi non può o non sa evitare le intensità appartate del tormento, l’ansia e l’inquietudine di continue domande inestinguibili che tutto rimettono via via in discussione, a chi patisce lo sdegno suscitato da certe mendaci o facili risposte, che giungono oggi, di prepotenza o dai media, a chi mal sopporta la malinconia che suscitano certe esibizioni di pessimo gusto, a chi è recidivo quanto ad insoddisfazione, è sempre in lotta con l’indefinito, il prosastico, l’inadeguato e il limite, ogni scelta sembra poco equa o ambigua, ogni conclusione pericolosa. Allora il pensiero torna al carattere originario, naturale e ingenuo del bambino, alla riscoperta delle cose e degli eventi, senza fini utilitaristici, libero da sovrastrutture fuor/de-vianti, dal pregiudizio, e il linguaggio torna strumento prezioso, indispensabile per comprendere e per comunicare effettivamente ed affettivamente l’esistere, per giocare, e per specchiare realtà e idealità e anche, e non subordinatamente, oggetto di ricerca.

Tuttavia, i segreti si apprendono nell’ascolto umile, la confidenza non si estorce, il mistero si interroga con passione amorosa. Questo è, per chi scrive, l’atteggiamento corretto per ottenere la cosiddetta “ispirazione”. E per comprendere le sorprendenti “rivelazioni” e le contaminazioni storiche del magico veicolo semantico, che deve restare elezione assolutamente incondizionata ed arbitraria, per lèggere fino in fondo la carica dell’incidenza emotiva della parola così accolta e raccolta, che poi riunirà ad altra umanità, è d’obbligo riprendere il percorso dei simboli antichi, il cammino dell’umanità, la dialettica metafisica di chi ci ha preceduto.

Dal segreto della vita della parola dipende la nostra stessa vita. Il nome è nostra provenienza e inizio, e irresistibile impulso verso il futuro. Corrispondenza profonda, nascosta come radice, identità nella complessità dello sviluppo della propria nell’altrui storia;  poiché nel sistema cui si appartiene si conquista autonomia legandosi. E, d’altronde, se non si è autonomi, non si origina il gusto estetico individuale, di fronte al quale la logica deve cedere il passo. Da questa componente di non conformità, deriva l’insondabile profondità dell’esistenza umana e l’inesauribile lettura delle risposte, come avviene per il mito, che avvicina le parti e per la favola, in cui l’individuo attinge al suo irrinunciabile fondo irrazionale.

Ogni pensiero proviene dall’esperienza personale dell’autore, ma l’inconscio prende tutto alla lettera. Nell’interpretazione psicoanalitica, le parole sono cose, vi è identità fra contenuto e forma; in letteratura invece non è così, nei corpi sonori della parola, vi è preponderanza dei significanti sui significati, solo apparentemente sinonimi. Se non si potessero operare scelte strategiche fra espressioni in rapporto di opposizione o di somiglianza di significato, anche in palese prevaricazione della norma dei codici linguistici, allo scopo di ottenere significati supplementari, si spegnerebbe la vita delle parole.

La loro convenzionalità, che consegue ineluttabilmente in tempi rapidi, fa sì che l’attinenza con le realtà significate presto divenga inadeguata, incompleta, addirittura falsa; allora, manipolando la lingua, con tutti gli artifici possibili, essa genera, attraverso connessioni diverse un messaggio inedito.

Se non potessimo disporre dei simboli come logica semantica, per sollevare dai loro limiti le varie categorie di appartenenza dei fattori agenti nella nostra realtà, per creare ambiguità, se non fossimo liberi di adire al mondo dello spirito, con facoltà di giungere finanche all’esperienza mistica o, per vie meno complesse, di sottrarci alla sofferenza semplicemente con l’esercizio mentale, psichico  per azione del pensiero volontario, entrando nella contemplazione incantata, non vi sarebbe esperienza di nuova bellezza. E se, d’altro canto, non vi fosse novità, se più nulla potesse sorprendere, la bellezza sfiorirebbe.

La natura, i sentimenti, assorbiti passivamente dall’esterno, si identificherebbero in certo qual modo nelle forme di una conoscenza irrilevante, solo orizzontale, spegnendosi brevemente in se stessi, e la coscienza individuale mai raggiungerebbe, sia pure per mezzo di fugaci bagliori, quella cosmica.

La via dell’intuizione può accedere all’assoluto (che sfugge all’indagine dell’intelletto, sempre relativa a qualche fine); si dirige, in tensione spirituale, oltre il naturale, si serve del fiuto dell’anima, indovina l’evidente che si sottrae all’indagine della ragione, lo traduce in esperienza di parola. L’atto poetico creativo si trasforma in conoscenza immediata che produce una rifrazione originale, in quanto personalissima. Elementi necessari: una luce d’apertura, entusiasmo, coraggio, fiducia, e un pizzico di follia, perché “Sento” è percezione confusa, poco trasparente, sulle prime di significato solo apparente e, apparentemente, priva di logica, non indagabile. La rappresentazione di tale idea esiste solo nella mente dell’artista, appartiene al mondo dell’indizio, ma è espressione di verità possibile, perché la metafisicità, l’ordine, il caos, il numero, l’armonia e l’asimmetria sono anche nel paradosso cosmico.

La bellezza è la risultante di una sorta di purificazione della materia informe, senza vita, respira dove resta inattingibile dall’inerte banalità. E l’armonia non è sempre classica proporzione, oggi come ieri, l’orrido, il gigantesco, il sorprendentemente piccolo, l’estraneo, l’altro, la diversità, affascinano, come sempre, per il gusto/giudizio che sa e che vuole fruire del bello come dell’orrido.

Identità nella varietà, percezione di perfezione nella molteplice unità; piacere estetico di soggettiva qualità sensibile nell’oggettività del bello, che non esiste o rimane comunque solo potenziale se non percepito/fruito. Da qui l’inedita, emozionante necessità del fruitore/lettore, perché la creazione artistica abbia luogo effettivamente.

L’attività conoscitiva attraverso il linguaggio poetico avviene attualizzando le potenzialità estetiche delle cose-natura- sentimenti nell’unità organica vivente dell’oggetto estetico fruibile e, dunque, in certo modo, utile. Nelle operazioni di revisione, levigatura, chiarificazione, successive alla fase di ispirazione, che la esplicano, l’opera diventa costruzione razionale cosciente, pur non avendo avuto origine da equilibrio o da regole, ma da libertà, de-formazione dal naturale, da affrancamento dai codici. Non esistono teorie normative: ogni autore in piena autonomia, come per una sorta di veggenza o per eccentricità, si forma un diverso stile, adatto al suo particolare gusto immaginativo, al suo spirito originale.

Nella coscienza del limite, la verità è attimo, per l’intelletto del poeta, metafisicità che si fa discorso simbolico e profezia, come in una sorta di specchio riflettente nette illuminazioni, che danno godimento secondo l’interesse o il desiderio soggettivo (voglio capire-vedere ciò che credo di capire o che voglio vedere), in una sorta di complicità fra libera immaginazione sintetica che vuole rappresentare, e sentimento intellettuale, anima-morale di chi la recepisce e la ri-produce in sé per se stesso.

La mente sa che la verità non consiste nell’immergersi nella materia, che l’idea trascende continuamente la forma in/con cui si incarna la bellezza. È per la posizione del tratto, la sua incisività, la modulazione prescelta, la storia che la parola ci conduce, che l’idea prende forma e si realizza. Fiorisce in una sorta di libera necessità, si nutre di assoluto, si cela desiderando di essere avvistata, pur chiusa, al sicuro, nel guscio del suo simbolo. Una sorta di identità fra coscienza e incoscienza. Un singolo spirito che contiene perfettamente quello sociale-collettivo, nel quale l’anima comune si compiace per l’alto grado di rispecchiamento.

Il messaggio commotivo è una combinazione che ha del sorprendente. Eppure, non sempre vi è presa diretta del testo sul lettore, anzi, la trascrizione stilizzata, l’inedita scelta lessicale, pur operata con calcolata coerenza, gli artifici di suono, l’alta percentuale di metaforicità, l’ambiguità di senso, il paradosso, il lessico, la sintassi stessa delle parole, insieme alla metrica (misura) e al ritmo (accento) del verso e alle infinite figure, visive e foniche nel loro fascino estetico di assonante simmetricità, o di misteriosa voluta disarmonia, nella prosodica associazione semantica, anche inconscia, delle parole simbolo, convogliano nell’alveo ove scorre il privato personale stile dell’autore con irruenza e tanta complessità di agenti rende talora ardua la ricezione. Ma tant’è, l’appassionato ha la risposta già nella domanda, se sia giustificata oppure no una certa oscurità, perché, talvolta, è preferibile alloggiare una rivelazione ineffabile in un’isola o in una turris eburnea, pur di non svenderla!

La parola è portatrice di significato profondo in sé, lo insegna la storia degli etimi, imbevuta del sangue delle fughe, delle dominazioni e delle disperate migrazioni dei popoli, ma nella sintassi con altre, nelle rotture col passato, nelle ricostruzioni, nelle novità linguistiche è capace di suscitare sentimenti inconsumabili sia per l’autore che per il lettore, che sanno mantenere una morbida attenzione all’irrazionale, dove ogni elemento mostra il suo valore soprattutto in rapporto agli altri; essa è indizio di emozione e di pensiero incorrotto, quando la rispondenza tra suono e senso accorcia le distanze verso la verità di un significato. Forse prova di quel bello assoluto che probabilmente in estetica esiste.

Ma il ruolo della creazione poetica è l’organizzazione della conoscenza artistica partecipata e partecipabile, da offrire all’intelligenza di chi legge o ascolta. Il diletto che se ne ricava sta nell’empatia, nell’equilibrio o nel disequilibrio, nella tensione fra l’opera e gli stati psichici del fruitore (presenza fondamentale), il quale permette, come è detto più sopra, la vitalizzazione dell’opera stessa.

Il contenuto, la narratività del racconto poetico tessuto con l’elemento cardine dello stile (dato dall’originalità dello scarto dalla norma, che muove dall’alto nel caso del classicismo o che emerge dal basso, dalla complessa profondità della natura- realtà delle creature, nel caso della spontaneità dell’autore naïf e dell’espressione evidente di rabbia degli oppressi), determina l’impressione dello spirito; poi, attraverso l’autonoma elaborazione mentale dei segni da parte dell’autore/lettore, egli si libera della noia di significati ormai vuoti e della pesantezza opprimente di un mistero avvertito come assolutamente insondabile: la magmatica certezza della persistenza del dolore, ingiustificabile razionalmente.

La fruizione estetica resta forma non subordinata a fine specifico, ma ha già in sé la sua compiutezza. Essa mette in crisi una norma, un rapporto codificato, per originare una nuova apertura prospettica di rigenerazione, e la parola, che viene incontro con la forza della storia e sventola il vessillo del suo simbolo, ha la tela intessuta del fascino evocativo della sua vicenda, fluttua ancora avviluppata del fiato e delle fortune passato, si libera e si svolge nella corrente presente, rigermoglia, si dispiega diversa e riproduce bellezza.

La parola è sacra e il suo tempio è l’anima. E come il mito e la leggenda, non finisce.

Come ogni viaggio nell’esperienza, anche questo è conoscenza. E anche l’esperienza del lettore è forza produttiva, tragitto per coprire la distanza linguistica fra se stesso e l’autore, per evidenziare il significato nascosto nel simbolo. Letture successive e diverse interpretazioni, nel tempo, danno vita perenne e dinamica all’opera. La bellezza risiede nella non univocità, perché è libertà. E il discorso interpretativo rimane comunque aperto, perché c’è spazio illimitato per dire.

La letteratura, frutto del faticoso lavoro di mediazione fra l’ispirazione vaga, informe, confusa, ma bruciante di passione, e la struttura nuova del pensiero-sentimento-narrazione-emozione, tradotti in evento linguistico, narra di ciò che può accadere, crea realtà possibili, aperture inedite, caleidoscopiche polisemie.

La comprensibilità del testo poetico, talora ardua o contrastata, scongiura rischi di grossolanità nei confronti del significato, trasformandolo, in relazione alla contraddittoria realtà, in ipotesi, utopia, profezia, sogno.

Per sua natura, il linguaggio poetico permette un’esperienza conoscitiva di fragile consistenza: le parole sono permeabili, mutabili, cancellabili, intrecciabili, gualcibili, ma custodiscono ciascuna un diverso potere, capace di incidere con  strani suggerimenti, nella mente di chi legge, bellezza irradiante, orrore, timore, commozione, alti sentimenti o gioco, per l’inatteso annodarsi o sciogliersi di senso, per la potenza perturbatrice della novità creata.

Quella poetica è forma talvolta volutamente oscura, che spinge ad essere “riletta” nel tempo, un po’ come avviene per il mito, o per ogni espressione simbolica. Si tratta di un congegno efficace, significativo, talora esemplare, e sempre, nel tempo, per l’emotività e per l’intelletto, gratificante.

Quando, infine, la scrittura entra nel bagaglio letterario della società, essa si fa strumento di indagine ed esperienza conoscitiva inesauribile. Risulta necessaria per farsi un’idea completa, imparziale, non convenzionale, e per i posteri feconda, della realtà vissuta, poiché è stata trascritta con lo stato dell’anima e viene ricreata per il potere della parola di trasferire luce nei significati, mutanti, anche per mediazione dell’arte poetica, in rapporti linguistici inediti, reciprocamente significanti, scambievoli e vitali, per proseguire in modo vivido l’intenso racconto dell’avventura umana.

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