Note critiche brevi a
Indie occidentali
di Giancarlo Micheli
la
Scheda del
libro

Ciro Bertini
in
IBazar (www.bazarweb.i-node.it)
Insomma Micheli non si lascia
intimidire dalla forma-romanzo: se ha
bisogno di iniziare un capitolo con note di
privato intimismo, oppure ricostruendo il
quadro dei sommovimenti politici di un dato
momento, o ancora lasciarsi andare in
chiusura a un quadro corale, lo fa: in
ossequio a una convinzione interiore che ha
la meglio sulle convenienze delle
convenzioni letterarie. [leggi
tutto]
Marisa Cecchetti
in La Nazione – Lucca
(9 Novembre 2008)
Indie occidentali, frutto
di una meticolosa ricerca storica,
ambientale e socio culturale, che inserisce
il dialetto degli immigrati e l'inglese
locale dentro un registro linguistico alto
con cui Giancarlo Micheli continua la sua
crociata contro il decadimento
dell'Italiano, offre una occasione di
riflessione sul passato, perché guardiamo
con occhi diversi la miseria e la
emarginazione che sono un problema ancora
attuale. [leggi
tutto]
Manlio Cancogni
in
La Mosca di Milano (n.21/2009)
Questa è la chiave utopica
del racconto che Micheli sviluppa con
meticolosa cura artigianale, da scrittore
per vocazione; consiglio, dunque, una
lettura riflessiva di questo romanzo,
proporzionata alla cura che è stata
impiegata nello scriverlo. [leggi
tutto]
Matteo Chiavarone
in ilRecensore.com (Luglio 2009)
Il grande merito del libro è poi
quello di inserirsi nella più grande
tradizione europea, quella ricerca
linguistica forzatamente realistica che
Auerbach riscontrò in Mimesis nei
maggiori autori della nostra storia. [leggi
tutto]
Giulio Ferroni
in Literary (n.3/2014)
Il romanzo Indie occidentali
di Giancarlo Micheli mi ha rivelato una
scrittura di forte spessore letterario,
capace di toccare la sostanza della realtà,
piena di riferimenti culturali e storici: il
tutto con un forte senso della verità
storica, dei conflitti e delle
contraddizioni economiche (l'ambiente e
l'orizzonte della vicenda è davvero di
grande interesse).
[leggi
tutto]
Fabio Flego
in Quaderni di Farestoria
(Anno XIII, nr. 2)
Sulla storia, con abile
maestria, Micheli innesta l’incanto della
fantasia nel cammino evolutivo di due
soggetti ‘innamorati’, di una figlia bambina
che inaspettatamente ritroviamo signorina
nell’ultimo capitolo, e di una folta schiera
di comparse (hobos, lavoratori
occasionali e nomadi; tramps, barboni
e non lavoratori; bums, fannulloni e
ubriaconi) e coprotagonisti più o meno
flat (Ernesto, Venanzio, il Sor
Clemente, il capitano Burns, il caposquadra
Nathaniel) o round (la
spigliata e determinata Sophonisba,
l’irrequieta e affascinante Olga e suo padre
Pietro Botto), secondo le categorie di
forsteriana memoria e le necessità imposte
dalla partitura. [leggi
tutto]
Luciano Luciani
in Patria Indipendente
(Maggio 2009)
Nelle sue pagine, Giancarlo
Micheli, sotto la forma del romanzo, ci
spiega di “che lagrime grondi e di che
sangue” la società che si andava forgiando
oltre Atlantico nei primi anni del secolo
scorso. E lo fa alla sua maniera,
personalissima. Facendo parlare uomini e
donne posti ora ai gradini più bassi, ora ai
vertici della scala sociale, colti nelle
loro miserie e grandezze, egoismi e
generosità. Felici invenzioni narrative si
intrecciano con una puntuale e
dettagliatissima ricostruzione
storico/documentaria. [leggi
tutto]
Romano Luperini
in
l’immaginazione (nr. 250/2009)
Micheli è al secondo romanzo. Il primo era
intitolato Elegia provinciale.
Entrambi sono notevoli per le
caratteristiche della scrittura, molto
lavorata. La lezione di Gadda è evidente
nell'ampio spettro della invenzione
linguistica. [leggi
tutto]
Neil Novello
in Erba d’Arno
(n.130-1/2013)
Empatia e agnizione, dunque.
E lingua. Micheli è anzitutto un grande
scrittore, è un narratore di “prima”, un
cesellatore d’incanti linguistici. A rigore,
la lingua del narratore stacca verso l’alto
del sublimis, la lingua dei
personaggi riflette una polifonia propria al
basso del piscatorius. Micheli parla
la lingua dello scrittore culto, il
personaggio, un’altra lingua, la lingua
della sua cultura. Non è un caso, è uno
studio, è l’onestà. Verrebbe da scrivere, la
bellezza interiore di ciò che nel romanzo
più immane: lo stile. [leggi
tutto]
Neil Novello
in Rivista di studi
italiani (Anno XXXI, nr. 1/2013)
Il profilo ancipite
dell’andamento scrittorio di Micheli, il
movimento incessante, convulso tra una
lingua alta e una bassa
aggioga la più gloriosa tradizione
linguistica della letteratura italiana, la
dorsale pluriliguistica che da Dante porta a
Gadda per gloriose stazioni intermedie:
Folengo, Dossi, D’Arrigo, Pasolini o – per
altre letterature – quel che significa, a
titolo d’esempio, l’argot nell’opera di Jean
Genet. [leggi
tutto]
Roberta Raggioli
in Alleo – discovering contemporary
cultures (settembre 2009)
Nel romanzo Indie
occidentali Giancarlo Micheli rivela
capacità di lettura del mondo e dell’intimo
umano rare e preziose. Si può dire che
quest’opera, edita da Campanotto nel 2008,
sia un "punto d'approdo" della ricerca
culturale dell’autore e delle sue
innumerevoli esperienze nei vari settoriartistico-letterari,
che lo hanno portato all'elaborazione di una
Weltanschauung tutta incentratasul concetto
ricoeurianodella "memoria naturalis", di
chiara derivazione dalla "Ars Memoriae"
agostiniana, in quanto "zetesis" (ricerca) e
"anamnesis" (recupero), in quanto presa di
coscienza dell'oblio che la minaccia e,
inoltre, superamento dello stesso patto tra
memoria e passato per via di quella che Paul
Ricoeur definì "alchimia
dell'immaginazione", quale si attua nella
scrittura interiore. [leggi
tutto]
Alessandro Zaccuri
in Avvenire (Luglio
2009)
Sono gli anni delle prime,
drammatiche rivendicazioni sindacali, sul
cui sfondo il romanzo procede spedito,
riservando uno spazio sempre maggiore alla
figlia della coppia, la piccola Eugenia,
alla quale spetterà di annodare gli ultimi
nodi della trama. Un epilogo inatteso e
struggente, nel quale la metafora del
teatro, già evocata nell’ouverture
pucciniana, si rivelerà in tutta la sua
urgenza di struttura e significato. [leggi
tutto] |