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Ermellino Mazzoleni
Spusa salveregina del mar

Roberta Degl’Innocenti
Firenze, 12 ottobre 2011

Mercoledì 12 ottobre 2011, alle ore 16.30, presso l’Auditorium della Cassa di Risparmio di Firenze in Via Folco Portinari n. 5, si è svolto l’evento culturale del mese di ottobre che prevedeva la presentazione del libro di poesie Spusa Salveregina del mar” di Ermellino Mazzoleni.

Introduzione di Lia Bronzi, Presidente della Camerata dei Poeti. Tavole critiche di Roberta Degl’Innocenti e Carmelo Consoli. Letture di Andrea Pericoli e di Virgilio Zambelli.

da sx: Virgilio Zambelli, Andrea Pericoli, Ermellino Mazzoleni, Giorgio Locatelli, Lia Bronzi, Roberta Degl'Innocenti e Carmelo Consoli.

Un breve cenno biografico sull’autore:

Ermellino Mazzoleni è nato a Bergamo del 1932, è apprezzato poeta, narratore, critico letterario, saggista. Molti e importanti sono i premi vinti. Dal 1973 al 2011 ha pubblicato numerosi libri di poesia, narrativa e saggistica. E’ il fondatore dal 2005 del premio di narrativa Lucia Iannucci Mazzoleni per i racconti in dialetto triveneto, lombardo e in lingua italiana.

Una serata particolare alla Camerata dei Poeti che prevedeva anche letture in dialetto bergamasco, come ha spiegato Lia Bronzi nella sua bella introduzione.

Di seguito l’intervento di Lia Bronzi:

…(…)… Quando il modo di procedere letterario viene realizzato nel linguaggio nativo ed autoctono dell’autore, sia in narrativa che in poesia, se ne evince un quadro affascinante e reale, poiché esso sa veicolare il narrato lirico ed il vissuto, sia dal punto di vista conoscitivo-comunicativo, che da quello espressivo-affettivo. Ciò accade, in modo particolare nel caso del poeta Ermellino Mazzoleni che scrive la sua raccolta di poesia, Spusa salveregina del mar dapprima in dialetto bergamasco, quindi la traduce in italiano, per evidenziarne le differenze e farsi comprendere da tutti. Ora, noi sappiamo che, da un primo punto di vista, la crisi del latino inizia alla fine del primo secolo A.C.. In questo scorcio di tempo l’intera valle padana subì l’influsso ed una prima contaminazione di modelli gallici, dando origine e vita ad un latino parlato che fu chiamato “Gallo-Italico”. Ma in tal senso l’alterazione e la frammentazione non avvenne attraverso un latino colorito regionalmente, semmai attraverso i tanti latini adoperati nelle pievi, nelle piccole unità abitative della campagna, nelle piccole corti e nei più sontuosi castelli, ma anche attraverso ampliamenti commerciali ed economici, sia laici che religiosi, proiettati anche verso centri più lontani, dove realizzare baratti di merci o pagamenti con moneta. Inizia così la vera e propria contaminazione del linguaggio che fu, al contempo, mescolanza linguistica ed etnica, soprattutto con i coloni gallici, anche se c’è da mettere in evidenza il fatto che all’interno della Lombardia, segnale reale di divisione dialettale fu il corso inferiore del fiume Adda, che creò distinzioni linguistiche significative, facendo sì che il bergamasco fosse rappresentante, per sempre, di una tradizione dialettale distinta da tutte le altre varietà lombarde. Ma che dire del lavoro poetico di Ermellino Mazzoleni che sente la necessità di esprimersi in dialetto? Rispondiamo da subito, che l’aspetto filologico del racconto ed il ritmo del teso sono incalzanti, mentre le immagini, metaforiche o simboliche, reali o di fantasia che siano, talora dolcissime altre volte più sapide, sono sempre rispondenti a suoni appropriati, vero perno intorno al quale ruota la poesia stessa di Mazzoleni, dando origine ad un registro espressivo che ingloba vari momenti, sia musicali che straordinariamente naturali, secondo un alternarsi tra sacro e profano, a vantaggio dell’aspetto umano: quello di un poeta che canta l’amore per una donna, che se non c’è più anagraficamente, è sempre presente nel suo cuore, nella sua anima, nella sua mente, tanto da divenire panico archetipo ed, al contempo, punto di partenza per un’indagine psicologico-religiosa e storica di identificazione personale. Un lavoro, quindi, qualitativamente ben riuscito, capace di dare nuovo respiro e nuova vita ad una forma d’arte e di sapere, quello poetico-dialettale appunto che, come altre forme è sensibile agli influssi derivati da numerose invasioni, dominazioni o migrazioni che siano, in perfetta corrispondenza dell’evoluzione sociale, politica, culturale e religiosa dei nostri tempi, come avranno modo di valutare coloro che verranno dopo di noi. Dal punto di vista della realizzazione formale e tipografica, si può apprezzare: carta, caratteri e pitture riprodotte a fine testo, policrome ed in ritmo ed equilibrio assoluto con il testo della pittrice, caratteristiche che rendono questa raccolta trovadorica e petrarchesca, comunque fiorentina a tutti gli effetti, pur considerandola nella sua più pura identità bergamasca. Un bel “melange” non c’è che dire, destinato a durare nel tempo.

E stato poi chiamato il poeta Lenio Vallati a leggere un proprio testo, come d’uso alla Camerata di iniziare con una poesia esterna alla presentazione, seguito dall’intervento di Giorgio Locatelli, Presidente del Centro Studi Valle Imagna, associazione con la quale è stato pubblicato il libro di Mazzoleni, ed anche dall’autore stesso che ha spiegato la motivazioni e le modalità di approccio di questo suo ultimo libro, anch’esso dedicato alla moglie Lucia Iannucci Mazzoleni.

Giorgio Locatelli.

L'attore Virgilio Zambelli.

Prima degli interventi critici sono state fatte delle letture in bergamasco e in italiano da Virgilio Zambelli e poi da Andrea Pericoli che si sono alternati nel corso del pomeriggio al microfono interpretando molto bene i testi di Ermellino.

Di seguito alcuni momenti degli interventi critici Roberta Degl’Innocenti e di Carmelo Consoli che il pubblico ha dimostrato di apprezzare.

Lia Bronzi e Roberta Degl'Innocenti.

Ad iniziare Roberta Degl’Innocenti che ha salutato il poeta, ricordando la loro amicizia, la presenza di Ermellino alla Camerata, nel corso del 2010, con il libro Madonna che non conosco, di come lei stessa si era occupata delle sue opere, presentandolo a Firenze, per la prima volta, al Caffè Storico Letterario Giubbe Rosse con il libro di poesie Aspettami al quinto punto cardinale (Edizioni del Leone), scritto per la sposa Lucia, ed il libro di narrativa Nuvole e gli Dèi (Centro Studi Valle Imagna). Ed in tempi successivi con la prefazione alla silloge Ninna nanna della stella (edito sempre Centro Studi Valle Imagna). Ed il fatto che, insieme a Carmelo Consoli, siano suoi giurati del premio di narrativa Lucia Iannucci Mazzoleni. Alcuni momenti dell’intervento della Degl’Innocenti.

…(…)… aprire però un nuovo libro di Ermellino è sempre una fascinazione, il luogo dei sogni e della natura che è fremito, bagliore, intuizione segreta.

E’ questo luogo idilliaco dove sempre si svela l’incontro fra la sposa e lo sposo, dove l’amore illumina e feconda i versi con illusione e certezza, carezza e graffio, dove “la bella sposa con la luna nelle mani” è favola segreta, candore che accoglie il pensiero, sensualità dolce, respiro …(…)….

Queste brevi parole ad introdurre il nuovo, importante, lavoro di Ermellino dal titolo quanto mai affascinante anch’esso: Spusa salveregina del mar.

La Degl’Innocenti ha poi parlato della struttura dell’opera, della edizione e la dedica alle sorelle di Lucia, ricordando che i 41 testi che compongono il libro sono stati pensati e scritti in bergamasco. Successiva è la traduzione in italiano. Ha parlato dell’introduzione di Don Gianfranco Capoferri, dal titolo Un abito di sogno per la sposa, dalla quale ha letto un breve passaggio, ed anche la bella prefazione - saggio di Elio Fox dal titolo: Un atto di fede e d’amore di un “anarchico” di Dio, proseguendo poi …(…)… . Nella lirica che inizia la silloge (ovviamente parlo sempre dei testi in italiano non conoscendo il bergamasco) leggo il titolo Sposa di sette giorni della creazione, questo mi riporta, anche se le poesie sono differenti, a un libro particolarmente amato: La contrada della luna gobba, i sette giorni della neve, la metafora, la Genesi. Ora lui si rivolge alla Sposa e le dice con espressioni di forte intensità: ti dico che sono sasso e sogno, / sangue di betulla, che io / non so se sono lucertola / o rosa o malinconia d’uomo.

Come si può notare da questi versi iniziali l’impatto emotivo con il lettore è molto forte: una delle caratteristiche della poesia, ed in generale della scrittura di Ermellino, è che non scivola via, rimane tangibile quasi a custodire questo suo amore infinito, la sacralità del dono e dell’offerta. Lui dice Sasso o Sogno, qualcosa di estremamente terreno, oppure abitare il luogo prezioso dove la fantasia ci guida e ci confonde. E subito dopo troviamo, nella Sposa che pettina il vento, Lucia e quel passato che non abbandona mai ed al quale rivolgersi con serena consapevolezza. La stanza della vita dove hanno respirato il padre, dove possiamo ancora sognare la voce della madre e del primo fratello. Lui scrive la frase della consapevolezza con parole franche, assolute: io ho già cominciato / a salire la scala / vicino al solaio.

Al di là dello struggente significato direi che in questo felice Cantico, felice sia per la squisita esposizione, sia per la forma e il contenuto, troviamo una modalità espressiva sacra e pagana. I versi di Ermellino sono magia e sogno, saggezza e mistero, amore per tutte le creature, per la natura che culla e sorprende. La dolcezza della sposa, che lui chiama Colomba d’amore, quasi ascoltando una musica terrena e celeste. Volano i momenti: gli attimi dell’incontro, la sposa che ha negli occhi il colore delle maree sulle spiagge del Nord, oppure le espressioni particolari del poeta: “Mi sentivo nevicare nel cervello,” …(…)… Il libro intreccia queste richieste/invocazioni all’amata con i ricordi della fanciullezza, il rapporto con tutti gli elementi della natura, questa contrada di monti e ombre che lui sempre ricorda con la nostalgia di un passato il bilico fra sogno e desiderio.

La Degl’Innocenti ha poi ricordato un episodio del quale aveva accennato sempre alla Camerata, in maggio dello scorso anno, parlando del racconto La neve (dal libro Nuvole e gli Dèi) del quale Ermellino le aveva svelato la genesi: diversi anni fa, durante una nevicata formidabile, lui salì in camera e trovò Lucia addormentata e immaginò che ella sognasse il sogno della neve. E voleva aggiungerlo al racconto, dimenticandosi però di comunicarlo all’editore, e così il racconto rimase invariato …(…)… Questo episodio mi aveva colpito ed allora scrissi una poesia, dedicandola a Lucia, e intitolandola, appunto, Il sogno della neve che, tra l’altro, mi pare di avere letto anche alla Camerata. Mi è piaciuto ricordare questo episodio, visto che anche lui, in una certa misura, ne parla: E’ un sogno questa vita? / E io chi sono? Un sogno / nel sogno?

Io stampai la poesia dandola ad Ermellino (era il 2008) e lui la portò alla mamma di Lucia (all’epoca ancora viva), adesso il testo per Lucia è nel mio prossimo libro. Mi è piaciuto ricordare questo episodio …(…)… attraverso immagini e metafore Ermellino ci racconta in versi momenti della sua vita passata/presente. Ad esempio nel testo Sposa che germogli la neve a me è venuto da pensare alla Ca Quadre ed alla contrada della luna gobba oppure alla Sposa che la sera legge la Commedia del nostro poeta più alto, come indicato in un’altra poesia. Il poeta parla al presente, rivolgendosi a Lucia, e la sua presenza è talmente tangibile che anche io, quando scrissi per lei, era come se l’avessi realmente conosciuta. Oppure conosciuta in sogno o attraverso le parole di un sogno. Anche quando, invece, Ermellino la ricorda in momenti quotidiani (mentre cuoce le cipolle sul camino), oppure mentre, poeticamente, accende l’alba. E sono veramente potenti le descrizioni che lui nel libro fa di sé

…(…)…un uomo di fango
e sangue, di nervi e cervello

oppure

E ho tre anime: una matta
una libera. una estrosa come
la lucciola delle siepi.

Concludo, però, questo mio viaggio nel nuovo libro di Ermellino utilizzando le sue parole, parole piene di incanti e trasalimenti, amore e dolore, sogno e desiderio di sogno.

E vita, anche quando i ricordi accarezzano la morte.

Parole sacre e trasgressive: un connubio di contrasti che incanta. Ascoltiamole:

Ti dico le mie parole d’amore,
sposa viola della sera, ciliegia
di luna, rosa di tutte le rose,
ti carezzo e ti benedico.

Alcuni momenti dell’intervento di Carmelo Consoli

…(…)… Questa affascinante opera, la seconda dopo “Aspettami al quinto punto cardinale” dedicata all’amata sposa ci consegna un poeta finalmente giunto ad un traguardo sognato a lungo cioè quello di comporre un volume totalmente nel suo dialetto. Un silloge nella produzione poetica di Mazzoleni di estrema dolcezza per la straordinaria presenza e luce di grazia della sua Lucia ma dove anche è forte la consapevolezza di una vita quotidiana amara che non gli appartiene e che non capisce.

Comunque è un sogno che prende corpo e chiude un ciclo che vede la sua anima finalmente ricongiungersi sia alle sue origini valligiane che all’amata sposa nel ricordo più bello e cristallizzarsi per sempre in una sorta di edenico limbo in cui l’interrogazione esistenziale è alla fine giustificazione e fuga da una realtà incomprensibile …(…)… Mi piace immaginare Ermellino Mazzoleni come all’ultimo dei grandi cantori di un mondo fermo alla meraviglia della creazione originaria e allo stupore dell’infinito, seppur consapevole del dolore dell’esistere del vivere odierno e del mistero che avvolge la vita.

Un poeta, oserei dire, pensando agli scenari di popoli, credenze, ritualità che animano le sue opere rimasto ad un candore medievale intatto e suggestivo ed in questo anche il dialetto bergamasco gioca la sua parte di fascino animato come è di durezze, spigolosità, ambientazioni e fragranze rimaste ferme nel tempo. La sua è una parola poetica che ha un arcano suono dalle mille sfumature che vanno dal materno, all’imprecativo, dal selvaggio, al puro, dal dettaglio quotidiano, all’abissale spazio, dove sovente la sintassi è reinventata nell’uso dei verbi, nell’aggettivazione dei sostantivi, nello scambio dei predicati, nelle combinazioni originali e dove il numero ha lo straordinario potere di dilatare e restringere il tempo (anche in questo libro ritroviamo la magia dei numeri ”Trecento lune, cento fiumi, 9999 stelle” oppure quando scrive “Bella sposa che balli i numeri dall’uno al tremila e uno, al numero senza numero…” Starno a dirsi ma presto ci si abitua e ci si innamora di questa armonica disarmonia della lingua, tanto essa fa presa nel nostro inconscio stupore. Ermellino nasce e cresce poeta dialettale (anche se amaramente constata che il dialetto non gli appartiene completamente) nel senso che le sue radici più profonde sono solidamente ancorate alle vicende, alle cronache, alle mitologie delle sue valli di cui il dialetto è linfa vitale e cristallina (Dice nella poesia “Sposa che canti sotto il tiglio”) “Le mie radici sono in questo matto dialetto / dei miei padri boscaioli e calderai/… e ancora /ho bevuto la mia lingua di streghe e pastore e falciatori di brina”/.

…(…)… Già la sua Lucia! Quanto amore per Lucia! Un libro questo che è cammino esistenziale, diario, confessione, continuo punto di domanda, ma soprattutto un libro di profondissimo amore che varca ogni confine dove Lucia è presenza, ispirazione, incantamento, sgomento. Lucia è là come la prima apparizione, nelle stanze amate, nelle luci, nelle ombre, nelle valli, nelle acque, nelle fragranze, nella neve, Lucia è nei titoli delle liriche in ogni luogo e in ogni momento ma è anche sponda per le sue interrogazioni esistenziali e per i suoi disagi ”E ora chi sono?” “ Un sogno nel sogno?” scrive in “Sposa della voce fulmine nella notte” …(…)… Questo libro è uno scrigno prezioso di sentimenti e struggimenti dove la forza dell’amore e la straordinaria figura di Lucia hanno il potere di addolcire persino il rude dialetto bergamasco che ci appare in una delicata cornice di uve (bella quella uccellina-“ l’oa oselina”), ciliegie, arpe fiorite, miele e così via.

…(…)… Come afferma Elio Fox nella sua introduzione al libro Ermellino si è professato un anarchico di Dio nel “ Vento delle comete” e lo ha ribadito nella “Contrada della luna gobba” ma poi ha indugiato commosso con le sue” Laudi “nelle figure della Madonna e del Cristo che sono diventate poli catalizzatori di confessione, purezza e rifugio da un mondo di durezza e sacrifici, ha attinto con esaltazione alla bibbia, ai profeti, alla religiosità della sua gente e ancora in questo volume riflette e scrive nella poesia “Sposa alleluia di rosa” di quando sarà davanti a Domineddio.

C’è sempre stata dunque nelle sue opere una posizione di anarchia verso la presenza divina, uomo lui di realtà e durezze valligiane, profondamente ancorato allo strato più fragrante di un infinito territorio vitale, ma anche una altrettanto costante attrazione (o soggezione quando dice: “Dio è il mare e il sole e il cielo, è la tua anima Dio); un ripiegare potente allora verso la divinità come riferimento alla sacralità dei sentimenti e al bene nei confronti del male.

La mia convinzione allora è che il poeta viva la sua travagliata condizione carnale e spirituale tra realtà e metafisico, navigando tra purgatori, inferni, inventandosi paradisi, senza limiti spaziali, temporali ma in definitiva non scavalcando mai quel confine che è il partecipato rispetto e la grande pietas verso ogni cosa, ogni creatura vivente anche in presenza dei suoi conflitti d’anima come quando scrive: “E’ verticale il cielo? “Dove sprofonda?” “Negli abissi dei monti o nell’inferno” oppure a pagina 50” E’ un sogno questa vita? “E io chi sono?” Un sogno nel sogno?

Egli va dunque da una nicchia primordiale di fragranze, suoni e personaggi ad un sconfinato territorio di altri mondi, galassie, lontanissime stelle dove Dio è sempre presente nella sua comprensione o incomprensione.

Non si preoccupi il poeta di come parlerà quando sarà davanti a Domineddio se in bergamasco o nella lingua del poeta fiorentino. Con Domineddio il contatto è già avvenuto, attraverso la sua ardente partecipazione e commozione per tutto ciò che anima l’esistere, attraverso il suo candore, la sua confessione, il suo stupore metafisico ed ora nello splendore della sua donna.

Egli ha saggiamente già parlato di Dio e con Dio, ricevendone in cambio la grazia della parola attraverso la sua poesia.

Don Andrea Capoferri.

Carmelo Consoli.

A chiusura della presentazione l’intervento di don Giulio Capoferri che ha anche scritto l’introduzione al libro.

Dal pubblico si sono poi espressi in maniera favorevole: Anna Balsamo, Vice Presidente Emerita della Camerata dei Poeti, il poeta Giancarlo Bianchi, la poetessa Anna Maria Guidi e Duccia Camiciotti, Vice Presidente della Camerata dei Poeti.

Veduta parziale della sala.

Molte le persone presenti alla serata di questo bravo poeta ed anche molte le persone venute da Bergamo per applaudirne il successo, fra il pubblico fiorentino anche Fiorenzo Smalzi, proprietario fino a pochi anni fa del Caffè Storico Letterario Giubbe Rosse, al quale è stato tributato un applauso, quale mecenate della cultura.


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