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Due parole con Raffaele Piazza
Nelle tue poesie l’ozio è un momento di contemplazione del bello, secondo una
visione presente nei Greci, per i quali l’otium è un’esperienza preziosa ai fini
della riflessione e dello studio. Come hai vissuto la fase particolare della tua
esistenza in cui la pandemia ci ha costretto a restare nelle case e a sospendere
le abituali attività?
“Paura per me e i miei cari e compassione per le vittime della pandemia. Mi ha
colpito l’immagine televisiva di una bella ragazza che è morta per il
coronavirus, ragazza che poteva con un volo pindarico essere Alessia. Il
tristissimo fenomeno nell’ozio forzato di cui tu dici mi ha ispirato delle
poesie perché, come affermava Goethe, la poesia è sempre d’occasione. Le poesie
salvano la vita e, per esempio, ho scritto Alessia e il tempo prima della
felicità alludendo ottimisticamente al tempo dopo la pandemia. E’ un momento di
ripiegamento su sé stessi e la poesia aiuta molto. Nella poesia Alessia
pregioisce per la fine certa del dolore collettivo ma anche in questo tempo
continua a fare l’amore sempre con la costante paura di essere poi lasciata dal
ragazzo e allora il tema degli occhi, caro ad Alfonso Gatto, nel cercare con
ansia di Alessia con i suoi occhi gli occhi di lui se, come è stato scritto già
trenta anni fa, che si è persa l’abitudine di guardarsi negli occhi. L’ozio
aiuta ed è leggerezza che non è la vita.
Come ho notato in precedenza, nella tua produzione, caratterizzata da una
forte religiosità, è spesso presente l’immagine della resurrezione. La stessa
Alessia è, come scrive nell’articolata prefazione Ivan Fedeli, una figura
“cristologica”. Che puoi dirci a riguardo?
“Il tempo lineare va stretto e come ha scritto Milo De Angelis si compiono gli
anni a manciate. La resurrezione di cui dici è l’attimo heideggeriano
sospensione tra prima e dopo attimo che coincide con la poesia. Fermare il tempo
è possibile e Alessia è una figura “cristologica” perché desidera essere pura
come una colomba e prudente come il serpente come ha detto Gesù. È conscia che
essere ingenui è un lusso che non ci si può permettere. Nell’epica del
quotidiano si deve imparare a vivere poeticamente ogni momento come diceva
Borges anche il momento di fare la fila alla banca, alla posta o al
supermercato. Religiosità come raggiungimento di una fusione con la natura e con
noi stessi che siamo natura anche noi”.
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